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L+11: Tenere l’aria pulita e la toilette efficiente nello spazio

Samantha Cristoforetti rabbocca l'acqua di scarico della toilette del Nodo 3. Credit: ESA/NASA

Samantha Cristoforetti rabbocca l'acqua di scarico della toilette del Nodo 3. Credit: ESA/NASA

Dal Diario di bordo di Samantha Cristoforetti (nota scritta il 05/12/2014):

Avamposto Spaziale ISS. Orbita Terrestre—Giorno di missione 11 (4 dicembre 2014)—Ieri è stata una giornata piuttosto epica sulla ISS, grazie a Butch e Terry: un giorno prima di quanto previsto, hanno completato con successo un’attività di manutenzione molto complessa di più giorni di uno dei nostri due CDRA—Carbon Dioxide Removal Assembly [impianto per la rimozione dell’anidride carbonica—N.d.T.].

Con assistenza in abbondanza dagli specialisti a terra, e grande concentrazione e attenzione al dettaglio da parte loro, hanno riportato in forma il nostro CDRA del Nodo 3 e così ora siamo di nuovo a piena ridondanza.

Il CDRA è un componente vitale per la nostra sopravvivenza sulla ISS: sull’astronave Terra le piante si prendono cura di “rimuovere” dalla nostra atmosfera la CO2 che espiriamo—sull’astronave ISS abbiamo bisogno del CDRA.

Per quanto mi riguarda, ho avuto modo di fare la prima sessione dell’esperimento dell’ESA Skin-B: con tre diversi strumenti, ho eseguito una serie di misurazioni su uno specifico punto del mio avambraccio (lo stesso che abbiamo usato per la raccolta dei dati pre-volo).

Prima ho usato uno strumento chiamato Tewametro, che misura l’evaporazione dell’acqua dalla superficie della pelle: questo è un indicatore della perdita d’acqua attraverso la pelle, che a sua volta indica quanto sia buona la funzione di barriera della pelle.

Un secondo strumento, chiamato corneometro, misura il livello di umidità. E per finire, usando una piccola fotocamera UV portatile ho potuto riprendere un’immagine molto dettagliata della superficie della mia pelle.

Sebbene la scienza sia lo scopo per essere quassù, dobbiamo naturalmente prenderci cura della nostra nave e assicurarci di poter vivere lì da esseri umani. Come potete immaginare, una toilette che funziona bene è certamente parte di quello. Ieri per la prima volta ho avuto modo di accedere alle viscere della nostra amata toilette spaziale per un’operazione di routine relativamente semplice: rabboccare il serbatoio dell’acqua di scarico.

Naturalmente, non abbiamo una vera tazza della toilette da sciacquare, ma all’inizio di ogni utilizzo, quando accendiamo la ventola per creare il necessario risucchio, una certa quantità di sostanza chimica pretrattata, diluita con un po’ d’acqua dal serbatoio dell’acqua di scarico, passa attraverso le tubazioni—ci vogliono alcuni secondi, si spegne una spia e la toilette è pronta per il “Numero 1”.

Una volta ogni tanto, quell’acqua di scarico deve essere rabboccata. Normalmente, abbiamo solo bisogno di riconfigurare le valvole per consentire all’acqua di scorrere nei sarbatoi, ma è stato mostrato che questo causa un po’ di sovrapressione che ha attivato delle spie di guasto in passato. Qundi ora abbiamo una configurazione per fornire uno sfogo alla pressione durante il rabbocco, come potete vedere nella foto.

Qualcosa che la gente si chiede spesso è: che odore c’è sulla Stazione Spaziale. Ero in realtà molto curiosa anch’io, perché avevo sentito resoconti contraddittori. A essere onesti, non sono in grado di riconoscere nessun odore particolare—mi sembra piuttosto neutrale, i filtri fanno un gran lavoro. Solo la nostra Sojuz ha un odore caratteristico, non sono sicura quale, ma mi è molto caro: ogni volta che ci galleggio dentro, mi porta istantaneamente indietro al giorno del lancio!

Ora, se state lavorando vicino a un contenitore di rifiuti solidi, come mi trovavo ieri per il lavoro alla toilette, qualche odore lo sentirete. Allo stesso modo, annuserete qualcosa ogni volta che accumuliamo la spazzatura, che sia nel PMM per lo stivaggio temporaneo o nell’ATV in preparazione al rientro distruttivo. Ma in generale, nessun odore spiacevole a bordo! O forse mi sono già abituata?

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS. Leggi il Diario di bordo di Samantha Cristoforetti e l’introduzione.

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