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Aeroporti pubblici per l’atterraggio del Dream Chaser

Ricostruzione artistica di un atterraggio del Dream Chaser con in evidenza il pattino anteriore e i carrelli principali (Credits SNC)

La Sierra Nevada Corporation (SNC) ha presentato una lunga lista di aeroporti che potrebbero essere utilizzati per l’atterraggio del suo Dream Chaser, sia in caso di rientri programmati che di emergenza.

Attualmente però il Dream Chaser non ha ancora un contratto per poter operare. La SNC è in attesa di sapere l’esito del ricorso presentato nei confronti di NASA, che per il suo programma CCtCAP ha scelto i veicoli di Boeing e SpaceX escludendo appunto il DC. Se dovesse perdere il ricorso non rimarrebbe che attrarre l’interesse di qualche altro ente (governativo o privato), e proprio in quest’ottica può essere vista la recente dichiarazione riguardo all’utilizzo di aeroporti pubblici, avvenuta nel corso di una conferenza sulla gestione del traffico spaziale tenuta presso la Embry-Riddle Aeronautical University. Lo studio, condotto assieme all’azienda RS&H Inc., non è tuttavia completo in quanto è ancora in corso l’analisi degli standard e dei requisiti necessari per poter atterrare su piste e strutture normalmente adibite al trasporto pubblico.

L’obiettivo principale di questa presentazione è quello di dimostrare che il Dream Chaser può avere più opzioni di rientro di quante ne avesse avute lo Space Shuttle della NASA, sebbene per la verità anche quest’ultimo in caso di assoluta emergenza poteva contare (almeno in teoria) su una moltitudine di piste di atterraggio. Le restrizioni erano però pesanti in quanto una volta atterrata la navetta spaziale, veniva a crearsi una zona vietata a chiunque nel raggio di 350 metri tutto intorno al veicolo fino all’arrivo (entro 24 ore) del personale NASA. Questo per via delle sostanze tossiche contenute in alcuni serbatoi dello Space Shuttle. Il Dream Chaser invece potrà essere avvicinato senza problemi non avendo a bordo sostanze pericolose. Inoltre necessita di piste di atterraggio più corte rispetto alle navette spaziali, avendo bisogno di almeno 2.400 metri contro i 3.600 metri minimi dello Space Shuttle. Un altro vantaggio rispetto alle navette della NASA citato nella presentazione riguarda la distanza percorribile in caso di rientro di emergenza una volta decollato, che per il DC è dichiarata in 2.000 km.

I pallini verdi rappresentano i potenziali siti di atterraggio a disposizione del Dream Chaser, i pallini gialli quelli per lo Space Shuttle. ©2014 Sierra Nevada Corporation

Per quanto riguarda i rientri nominali, il Dream Chaser avrà tre siti prioritari su tutti gli altri. Si tratta di Cape Canaveral in Florida (sulla stessa pista utilizzata innumerevoli volte dallo Space Shuttle), Vandenberg in California (dove atterra la navetta X-37B dell’USAF) e Houston in Texas (dove partivano i T-38 con gli equipaggi Shuttle diretti a Cape Canaveral per il lancio). Tutti questi aeroporti sono chiusi al traffico di linea in quanto gestiti da istituzioni governative o militari.

Nel caso si rendesse necessario utilizzare aeroporti pubblici, la SNC assicura che il disagio per il traffico aereo sarebbe minimo. Il Dream Chaser potrebbe essere infatti rimosso dalla pista nel giro di pochi minuti.

Portando sempre lo Space Shuttle come confronto, si fa notare come il Dream Chaser sarebbe in grado di rientrare a Terra anche nel caso l’equipaggio fosse privo di sensi, grazie alla sua capacità di atterraggio automatico. Per quanto riguarda la navetta spaziale questa capacità venne presa in considerazione ma mai realmente validata. Nel caso invece di un atterraggio totalmente senza equipaggio, cioè con il DC adibito a missioni cargo, ci sarebbe il problema dovuto alla presenza del FTS (Flight Termination System), cioè il sistema di distruzione del veicolo che utilizza notoriamente degli esplosivi. La SNC sta studiando degli FTS alternativi che non richiedono esplosivi ma nel frattempo in caso di atterraggio senza equipaggio serviranno due persone appositamente addestrate per disattivare dall’esterno le cariche esplosive. Per questa operazione, che richiederà non più di 20 minuti, il veicolo dovrà essere spostato in una zona sicura lontano dalla pista.

Rappresentazione di un atterraggio del DC a Ellingotn Field, Houston .
©2014 Sierra Nevada Corporation

Un altro possibile punto debole per la capacità di atterrare “ovunque” potrebbe essere rappresentato dalla presenza del pattino anteriore di atterraggio che è stato preferito al più tradizionale carrello con ruote. Nel caso di atterraggi e relativi traini del veicolo su piste in cemento non ci saranno problemi, come ampiamente dimostrato nei numerosi test fin qui condotti. Se però la pista presenta un fondo in asfalto potrebbero esserci dei problemi di danneggiamento della pista stessa. Questo aspetto potrebbe quindi portare a valutare la modifica del materiale di cui è costituito il pattino.

Atterrare in un aeroporto tradizionale imporrà inoltre delle procedure dedicate da parte del controllo del traffico aereo. Il Dream Chaser infatti seguirà un corridoio di discesa totalmente diverso rispetto agli aerei di linea soprattutto per quanto riguarda velocità e rateo di discesa, entrambi molto più elevati. Naturalmente, per poter atterrare in qualsiasi aeroporto pubblico, la SNC dovrà ottenere tutte le certificazioni ed autorizzazioni del caso da parte della FAA (Federal Aviation Administration), non ultima quella relativa alla problematica derivante dal boom sonico che accompagnerebbe tutti i rientri del Dream Chaser. Perfino l’atterraggio all’aeroporto di Ellington Field a Houston (uno dei tre siti prioritari citati all’inizio) sarebbe attualmente proibito a causa del boom sonico.

Simulazione di uscita dell’equipaggio dal Dream Chaser. ©2014 Sierra Nevada Corporation

Fonte: NASASpaceflight.com

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