Rod Jones, dirigente dell’ufficio NASA incaricato di organizzare gli esperimenti scientifici sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS Research Integration Office presso il Johnson Space Center di Houston), durante un incontro organizzato dal National Research Council sul tema della ricerca scientifica svolta nello spazio in ambito biologico ha dichiarato che NASA non ha letteralmente tempo di svolgere tutti gli esperimenti preparati: ci sono effettivamente più esperimenti in programma che tempo per realizzarli.
Il manager si riferisce alle ore/uomo che gli astronauti statunitensi hanno a disposizione mentre sono in orbita sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) e a riprova di quanto affermato ha reso pubblici alcuni dati interessanti sull’occupazione del tempo in una delle prossime Expedition (come vengono definite le missioni sulla stazione).
L’inizio della Expedition 43/44 è programmato per marzo 2015 con l’arrivo a bordo dell’avamposto orbitale dei cosmonauti Gennady Padalka e Mikhail Kornienko, accompagnati dall’astronauta Scott Kelly. Questi ultimi 2 parteciperanno alla prima missione della durata di un anno sulla ISS e non terneranno a Terra alla fine della Expedition prevista per la fine di settembre o inizio ottobre 2015 quando ci sarà la visita sulla stazione della turista spaziale Sarah Brightman. Ebbene secondo le parole di Jones durante questa missione di 6 mesi il segmento americano della stazione avrà a disposizione un massimo di 875 ore per la ricerca mentre i programmi del suo ufficio ne richiederebbero almeno 1400 con “almeno 20 giorni di ottima scienza lasciati incompiuti al momento del termine della missione.”
Questo tipo di problemi è ben conosciuto in ambiente NASA e infatti anche William Gerstenmaier, l’altro esponente di spicco per quanto riguarda il volo umano in ambito americano, da tempo afferma che sulla ISS non ci sono abbastanza braccia per svolgere tutto il lavoro di ricerca che si potrebbe fare a bordo. La situazione è figlia di alcune situazioni non facilmente risolvibili in questo poiché necessariamente l’equipaggio della stazione deve necessariamente provvedere alla manutenzione della stessa per tenerla in efficienza e soprattutto sicura per l’uso umano. Quindi per i 3 componenti del segmento americano il tempo a disposizione della scienza si riduce a circa un quinto del tempo passato in orbita (considerando ovviamente anche le ore di riposo e di sonno a cui hanno diritto).
Benché la stazione sia stata progettata e costruita per supportare sul lungo termine un equipaggio di 7 elementi, attualmente la pianificazione dei lanci e dei rientri delle Sojuz è programmata in modo da mantenere un equipaggio stabile di 6 elementi a causa del numero di Sojuz che possono essere attraccate contemporaneamente, solamente 2, e del numero di passeggeri di quest’ultime, massimo 3. Come detto poi l’equipaggio è diviso in 2 con 3 cosmonauti in carico e al lavoro sul segmento russo e altri 3 in carico e al lavoro sul segmento americano.
La situazione cambierà con l’entrata in servizio (nel tardo 2017 secondo gli attuali piani) del trasporto commerciale fornito dalle 2 ditte vincitrici della gara indetta da NASA: SpaceX e Boeing. Potendo trasportare più astronauti rispetto alle Sojuz, la ISS potrà finalmente arrivare al suo limite di capienza di 7 con 3 cosmonauti gestiti dalla Russia con le Sojuz e 4 astronauti gestiti dalla NASA con le capsule Dragon e CST-100. L’incremento non è di poco conto poiché, stando alle parole di Jones, permetterà quasi di raddoppiare le ore settimanali destinate alla scienza nel segmento americano passando da 35 a quasi 70 con il lavoro del quarto astronauta quasi interamente dedicato agli esperimenti scientifici.
L’aumento del numero di esperimenti svolti a bordo comporterà necessariamente un aumento del materiale in transito tra la ISS e la terra con uno sfruttamento pieno anche in questo caso del trasporto commerciale attuale (in appalto fino al 2017 a SpaceX e Orbital Sciences) e del futuro contratto che NASA ha recentemente annunciato con una richiesta di proposte per supportare i propri propositi che, nelle parole di Jones, sono di arrivare al limite che viene stimato in circa 5,5 tonnellate di carico scientifico per anno.
In attesa di queste evoluzioni l’agenzia continua a lavorare con le circa 35 ore settimanali a disposizione e sfruttando i cargo Cygnus e Dragon che voleranno fino al 2017.
Ma Jones ha dichiarato che comunque dei cambiamenti sono già avvenuti nel modo di gestire la scienza sulla ISS: “Quando ho iniziato a lavorare in questo ufficio 7 anni fa, era necessario un percorso di 2 anni per far volare qualcosa,” ha detto Jones. “Ma adesso ci siamo spostati verso un modello completamente nuovo in cui stiamo cercando di lavorare in molto simile a un laboratorio.”
La parole del manager NASA si riferiscono ai tempi di programmazione che erano piuttosto alti in era STS mentre ora basta che il materiale di volo sia pronto entro 6 mesi dalla data di lancio perché possa essere inserito nel manifesto di carico. Un passo avanti notevole in quanto a flessibilità di programmazione e velocità di approntamento di un esperimento sulla stazione. Il contraltare è il dilatarsi invece dei tempi di recupero dei materiali di ritorno dall’orbita che erano di circa 4 ore quando gli shuttle atterravano sulla pista del Kennedy Space Center in Florida mentre ora sono di 2 o 3 giorni per i carichi della Dragon (l’unico mezzo attuale in grado di riportare a terra materiale) che invece “cade” in mare al largo della California.
Alle parole di Jones, ha fatto seguito Patrick O’Neil del Center for Advancement of Science in Space (CASIS), il gruppo non-profit basato in Florida e incaricato di gestire la ricerca non-NASA svolta sulla ISS. Infatti per legge metà delle risorse del segmento americano della stazione (ore di lavoro, elettricità, spazio ed equipaggiamenti solo per citarne alcune) devono essere messe a disposizione per la ricerca di enti esterni a NASA. Il gruppo riceve 15 milioni di dollari all’anno dalla NASA per far decollare l’uso esterno all’agenzia della ISS e dall’inizio del 2014 sono già 16 i carichi scientifici portati sull’avamposto orbitale e gestiti dal CASIS per un totale di 10 milioni di dollari investiti in ricerca.
La speranza è che in futuro il gruppo riesca a finanziarsi grazie a fondi non governativi ma questo dipenderà ovviamente anche dalla vita della stazione. Vita che, mentre la Casa Bianca ha detto di voler estendere fino al 2024, attualmente è finanziata fino al 2020 con i 15 partner internazionali di NASA che non hanno ancora trovato un accordo per assicurare questo traguardo.
Fonte: SpaceNews