Mark Sirangelo, dirigente di Sierra Nevada Corporation, ha recentemente dichiarato in una intervista che la compagnia intende proseguire lo sviluppo dello spazioplano e partecipare a future gare di appalto. Questo nonostante l’esclusione dall’assegnazione di fondi governativi destinati al CCP.
Nonostante le migliori intenzioni, gli effetti della mancata erogazione di contributi si stanno già facendo sentire, e SNC ha dovuto licenziare circa 90 persone che lavoravano al Dream Chaser. Si tratta di una riduzione di personale inferiore al 10% del totale della forza lavoro in Colorado. Al momento nulla è dato sapere sulla sorte dei dipendenti della sede di Poway (Cal.).
Frattanto la comunità di appassionati dell’aerospazio fatica a rassegnarsi alla perdita del più innovativo fra i mezzi presentati per l’appalto NASA. Qualcuno, sui vari forum, è arrivato ad ipotizzare una alleanza con Stratolaunch. Questo richiederebbe un completo ripensamento del progetto, in quanto lo spazioplano, così come è ora, sarebbe decisamente troppo pesante.
Altri vedono comunque con favore l’impiego di Dream Chaser nel turismo spaziale, grazie al minor carico di g cui sottopone i passeggeri al rientro (in confronto alle capsule di Boeing e SpaceX): nell’ipotesi di successo commerciale delle stazioni spaziali gonfiabili di Bigelow, l’offerta di un rientro “morbido” potrebbe costituire un plus per quei fortunati facoltosi che vorranno avventurarsi nello spazio.
Ovviamente si tratta di proposte fantasiose che riportiamo unicamente per sottolineare l’attaccamento della comunità aerospaziale al Dream Chaser. La realtà dei fatti, al momento, è che non si intravede all’orizzonte nessun Cavaliere Bianco in grado di offrire i 2-3 miliardi di dollari necessari per terminare lo sviluppo del veicolo. La speranza più concreta (dovremmo dire “meno remota”) risiede in un pool di entità (ESA, Jaxa, privati…) che in modo più o meno organizzato fornisca a Sierra Nevada l’appoggio tecnico e finanziario necessario per portare avanti il progetto.