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SpaceX: la lunga estate calda

La compagnia di Elon Musk è stata citata nuovamente in giudizio (la seconda volta nell’arco di pochi giorni) ad opera di un gruppo di dipendenti attuali e passati, che hanno sottoposto una class action per non aver avuto pause di riposo e non aver ricevuto l’intero stipendio dovuto.
Secondo i firmatari dell’azione legale, i supervisori di SpaceX avrebbero imposto orari tali da non consentire le pause ogni 4 ore e/o le pause per il primo o secondo pasto, come richiesto dalle leggi della California.
L’azienda di Hawthorne è ben nota per avere dipendenti che totalizzano dalle 60 alle 80 ore lavorative a settimana, e questi orari evidentemente mal si conciliano con le giuste disposizioni di legge in materia di riposo del lavoratore.
Questa causa si aggiunge a quella intentata da due ex dipendenti per violazione della legge WARN in materia di licenziamenti di massa. SpaceX si difende affermando che si è trattato di licenziamenti imputabili a scarse prestazioni, e conferma di voler aumentare la forza lavoro di circa il 20% entro fine anno (rispetto a fine 2013). Inoltre il sito di SpaceX continua ad offrire centinaia di posti di lavoro in varie posizioni.
Questo tuttavia non significa che l’azienda stia effettivamente assumendo, e molti analisti temono che i licenziamenti siano da imputare ad una mancanza di liquidità (ovvero denaro immediatamente disponibile per pagare gli stipendi). Ricordiamo che la liquidità di una azienda non è immediatamente collegata alla sua redditività (ovvero alla capacità di generare guadagni): se vendo un servizio (es.: lancio nello spazio) a 100 milioni, e me ne costa 80, è chiaro che ho un guadagno di 20 milioni, più che adeguato. Ma potrei essere costretto ad anticipare gli 80 milioni di costi per allestire il razzo e lanciarlo, prima di poter rientrare finalmente delle spese, magari dopo diversi mesi/anni. Se l’azienda ha già un proprio ritmo operativo consolidato, le entrate di una commessa “passata” servono a coprire i costi di una commessa “futura”, ma non è questo il caso di SpaceX, che è relativamente nuova nel business dei lanci spaziali e non è ancora riuscita a mantenere un ritmo nei lanci sufficientemente spedito.
Anche il momento scelto per i licenziamenti è curioso: tra meno di un mese NASA dovrà attribuire i nuovi finanziamenti per il commercial crew program, e tra SpaceX, Boeing e Sierra Nevada potrebbe anche restare un solo candidato. Inoltre Musk è in causa con l’USAF per l’attribuzione di lanci militari; da un lato SpaceX afferma di volersi aggiudicare nuove commesse da aggiungere ad un manifesto molto affollato e sul quale gravano consistenti ritardi, dall’altro vengono licenziate in un attimo centinaia di persone. Forse la inusuale reticenza di SpaceX nel commentare quanto sta avvenendo in questi giorni va valutata anche alla luce di questi fatti.
Giusto per non farsi mancare nulla, Elon Musk ha aggiunto altri tre deputati repubblicani alla lista di persone che non vedono con favore le sue iniziative spaziali. Mike Coffman (R-Colo.), Mo Brooks (R-Ala.), e Cory Gardner (R-Colo.) hanno inviato un memorandum alla NASA in cui chiedono una indagine su quella che definiscono una “epidemia di anomalie” nei lanci SpaceX. I tre rappresentanti stigmatizzano i ritardi ed i guasti accumulati dai vari programmi Dragon e Falcon, dimenticando forse che ogni nuovo mezzo spaziale richiede anni di messa a punto. Inoltre va ricordato che SpaceX è una compagnia privata a tutti gli effetti, che “vende” un servizio alla NASA (ovvero lo sviluppo di nuovi razzi e capsule), e pertanto Musk non è direttamente responsabile di fronte al contribuente americano, come i 3 deputati sembrano implicare.
I più maliziosi potranno invece rilevare che Boeing ha un grosso stabilimento in Alabama, mentre United Launch Alliance ha la propria sede in Colorado. In un sistema come quello americano, in cui l’attività di lobbying è trasparente quanto più possibile, è comprensibile che i rappresentanti di uno stato difendano gli interessi delle compagnie (e dei lavoratori!) che li hanno eletti; resta da stabilire se e quando questa attività è di intralcio allo sviluppo di nuove iniziative tecnicamente ed economicamente più avanzate.

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