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White Rocket: le prime ali per gli astronauti

Sono state le prime ali in assoluto per molti degli astronauti Americani degli ultimi 40 anni, praticamente per tutti quelli che non erano già piloti prima delle selezioni. È il Northrop T-38 l’aereo più emblematico e riconosciuto della NASA.
Compì il primo volo nel 1959 e dopo pochissimo entrò a far parte della flotta NASA, usato per un’enormità di utilizzi differenti è diventato un mezzo praticamente insostituibile per molti compiti, alcuni molto particolari.
Space Shuttle Atlantis STS-135
La nascita del progetto
Il Northrop T-38 Talon è un jet supersonico da addestramento, il primo aereo da addestramento supersonico e prodotto in poco più di 10 anni in quasi 1200 esemplari. Il principale utilizzatore oggi è l’aeronautica USA e dopo oltre 50 anni di servizio è ancora il trainer principale per i neo-piloti di molte nazioni della NATO.
Il primo prototipo, sviluppato sulla base del caccia F-5, ha volato nel 1959 e benché inizialmente l’aeronautica americana non avesse necessità di un caccia leggero, compito per cui nacque, valutò come interessante l’utilizzo di questa macchina in sostituzione del trainer utilizzato allora ma in via di pensionamento, il T-33 Shooting Star.
I primi esemplari di produzione uscirono dalle linee della Northrop nel 1961 e quando nel 1972 le linee vennero chiuse erano stati prodotti 1187 esemplari.
Si calcola che da allora oltre 50.000 piloti militari siano transitati su un T-38 per conseguire le proprie abilitazioni.

Le caratteristiche tecniche
La configurazione della macchina è piuttosto convenzionale, ala bassa e piccola a corda lunga, stabilizzatore verticale singolo e carrello triciclo. Addestratore e allievo siedono in tandem e i propulsori sono due General Electric J85-5A con prese d’aria sulla radice alare.

Questi alcuni dei dati tecnici principali:
Lunghezza: 14,14 m (46 ft 4,5 in)
Apertura alare: 7,6 m (25 ft 3 in)
Altezza: 3,92 m
Superficie alare: 15,8 m²
Carico alare: 340 kg/m²
Peso a vuoto: 3270 kg
Peso carico: 5360 kg
Peso max al decollo: 5670 kg
Propulsione: 2 turbogetto General Electric J85-5A con postbruciatore
Spinta: da 9,1 a 17,1 kN ciascuno
Velocità max: 1,1 Mach (1 381 km/h in quota)
Velocità di salita: 170,7 m/s
Autonomia: 1835 km
Tangenza: 15240 m

Il nuovo cockpit “Block III”


Attualmente tutti i velivoli della flotta NASA sono allo standard Block III, con avionica digitale. NASA possiede ancora pochi velivoli allo standard Block II e questi attualmente sono immagazzinati per lungo periodo in caso di future necessità.
Negli ultimi anni di servizio dei Block II questi erano utilizzati solamente dai piloti istruttori e non da tutti gli astronauti perché questi ultimi potessero concentrarsi sull’apprendimento di una sola tipologia di velivolo, quella allo standard Block III, senza disperdere risorse per abilitazioni differenti su macchine differenti.

“White Rocket”
Il nickname con cui negli anni è stato battezzato il T-38 in NASA è “White Rocket”, per la sua livrea quasi completamente bianca e per la sua speciale vocazione nei ranghi dell’Agenzia spaziale Americana.

“È una delle parti fondamentali dell’addestramento degli astronauti” racconta Terry Virts, astronauta NASA prossimo ad una nuova missione sulla ISS con la Exp.42 “Non sei in un simulatore, è volo reale e se commetti un errore ti puoi far male, oppure rompere qualche cosa o rimanere senza carburante. Ci sono un sacco di cose che possono accadere quando sei a bordo di un T-38 rispetto ad un simulatore”.
“È un mondo differente, un mondo dinamico, non importa se è uno Space Shuttle o un T-38” racconta Story Musgrave, sei volte astronauta a bordo dello Shuttle, istruttore sui T-38 e autore di una monografia dedicata “Significa capire le regole e saperci vivere insieme”.

L’aereo è praticamente perfetto a detta di molti per l’utilizzo che ne fa NASA, principalmente di addestramento, ma non solo. È un jet ad alte prestazioni, in grado di sopportare carichi fino a 7G, ma contemporaneamente molto semplice nel pilotaggio ed è forse questo che ne ha fatto la sua fortuna attraverso le decadi.

La flotta NASA è ospitata principalmente all’Ellington Field nei pressi del Johnson Space Center, dove una società privata, la Dyncorp International LLC, gestisce per conto di NASA gli aerei in dotazione.
Negli anni la flotta è andata via via riducendosi a causa dei limiti vita della macchina, dei tagli alla spesa e della riduzione del corpo astronauti, passando da circa una trentina di esemplari degli anni passati ai 16 di quest’anno, i quali andranno ulteriormente diminuendo in futuro.

Tornando a Virts “Puoi tirare i G ma non ai livelli di un caccia di prima linea, è veloce ma non come i caccia più evoluti, c’è però una caratteristica che contraddistingue il T-38 come nessun altro, l’alta velocità di rollio. Sbatti lo stick su un lato e comincia a ruotare velocemente, molto velocemente. È una caratteristica che al tuo primo volo l’istruttore vuole sempre farti vedere. Subito dici “Oh forte!”, poi dopo una serie di tonneau il tuo pensiero diventa “Ok, adesso basta far capovolgere l’aereo…”.


In NASA ogni astronauta che viene selezionato nel corpo e non è già in possesso di una licenza di volo impara a volare sul T-38, anche i Mission Specialist che non sedevano ai comandi dello Space Shuttle dovevano mantenere l’abilitazione con almeno 4 ore di volo al mese, 15 invece quelle per piloti e comandanti.
Uno dei compiti a maggior visibilità del T-38 è sempre stato l’arrivo al KSC degli astronauti prima di un lancio Shuttle. Il trasferimento da Houston, condizioni meteo permettendo, avveniva a bordo dei T-38 con un sorvolo a 1500ft di quota della navetta in rampa, segno di saluto e riverenza degli astronauti verso il mezzo che di li a pochi giorni li avrebbe portati in orbita.

Altra storia invece è quella che vide protagonisti i T-38 prima che lo Space Shuttle effettuasse il suo battesimo del volo. Gli astronauti utilizzarono i T-38 provando per la prima volta a percorrere il sentiero di discesa che dopo pochi anni la nuova navetta americana avrebbe effettuato, muso basso, carrello fuori e aerofreni completamente aperti per simularla il più possibile.
Fu uno fra gli innumerevoli compiti svolti in più di 50 anni alla NASA dai T-38 dell’Agenzia.

Ma questo compito non finì qui, storiche sono le immagini dei T-38 nei panni di Chase Plane, gli “angeli custodi” che accompagnarono poi le navette in atterraggio fino a pochi metri dal touch down. In questi casi, i piloti a bordo dei T-38, dal loro punto di vista privilegiato, potevano riferire in maniera diretta all’equipaggio sulle condizioni della pista e della navetta nelle ultimissime fasi del volo.

Per effettuare questi compiti, scendendo a fianco dello Space Shuttle con angoli totalmente inusuali per qualsiasi aereo tradizionale, il T-38 ha dovuto subire una lunga serie di ricertificazioni e modifiche, tra cui l’allargamento dei freni aerodinamici sulla pancia e la possibilità di estendere il carrello a velocità elevate.
Quando, sempre in questa configurazione, gli astronauti in addestramento effettuavano le prove di avvicinamento non simulavano prettamente quello che sarebbe avvenuto su uno Shuttle, per quello c’era un altro aereo, l’STA, aereo pesantemente modificato per essere un vero e proprio simulatore volante dello shuttle. Quello che effettuavano sul T-38 era una sorta di ambientamento, serviva a far capire ed assimilare, effettuandoli ancora e ancora, i profili di volo della navetta fino a quando non fossero diventati naturali e istintivi.

Altri invece erano i compiti meno visibili, più da “dietro le quinte”, come ad esempio la funzione di scout nelle ore precedenti il lancio della navetta Shuttle. Funzione che consisteva nell’esplorare l’area intorno al KSC in Florida in cerca di formazioni meteorologiche avverse e riporto delle condizioni in quota.

L’addestramento sul T-38 è stato riconosciuto essere utile persino alla preparazione per le attività extraveicolari, ci sono tante cose in comune fra la gestione di un T-38 e di una EMU. Ci sono risorse che vanno via via consumandosi e che bisogna gestire e periodicamente monitorare, ci sono checklist da rispettare e procedure di emergenza da seguire, tutte cose che un bravo operatore, che sia di T-38 o di EMU deve saper fare bene.
Anche per i Mission Spacialist della navetta il T-38 era fondamentale, come sulla navetta si trovavano dietro al pilota ai comandi e proprio come sulla navetta avrebbe acquistato familiarità con la gestione delle informazioni, da registrare o da passare al pilota, oppure con le comunicazioni, gestite nel sedile posteriore in entrambe le situazioni.

“È il miglior modo di volare per me” continua Musgrave “perché può fare esattamente tutto quello che un aeroplano deve fare”. Esplicativo più di ogni altra cosa un episodio capitato proprio a Musgrave in uno dei suoi primi voli sul T-38, mentre aveva il compito di testare la macchina e il suo inviluppo per la NASA “Avevo il compito di effettuare alcuni stalli profondi, ma mentre ne effettuavo uno, perdendo portanza in maniera asimmetrica, l’aereo improvvisamente si rovesciò. A quel punto essere su un velivolo ad alte prestazioni con un’ala rastremata e il carrello che guarda il cielo non è proprio una bella situazione, è semplicemente terrificante” “Ho però fatto quello che viene insegnato fin dalle prime lezioni di aerodinamica sulla stabilità degli aerei, ho lasciato completamente i comandi e l’aereo ha riabbassato da solo il muso riportandosi in un assetto meno inusuale e di nuovo controllabile”.

“Se tu non sapessi cosa è uno squalo e ti facessi vedere una sua foto, poi ti chiedessi, secondo te può nuotare? Certo che si, risponderesti” conclude Musgrave “Allo stesso modo fra mille anni, se qualcuno vedesse una foto di un T-38, lo riconoscerebbe per la sua bellezza classica ma probabilmente ancora attuale”.

L’equipaggio di Apollo 17, Ron Evans e Gene Cernan in attesa della partenza sui T-38

L’equipaggio di Skylab 4, Ed Gibson, Gerald Carr e Bill Pogue

Mike Collins

Deke Slayton e Neil Armstrong

Anche Von Braun volò sul T-38


Le pagine più buie
Oltre alla parte più gloriosa di questo velivolo è impossibile non ricordare che proprio a bordo di esso persero la vita ben 4 astronauti.
Theodore Freeman investi uno stormo di oche in avvicinamento all’Ellington Field, vicino a Houston il 31 Ottobre 1964, l’impatto disintegrò il cupolino ed entrambi i motori inghiottirono dei volatili che provocarono dei “flame-out”. Freeman si lanciò ma ad una quota troppo bassa e non ebbe scampo. Theodore Freeman era stato selezionato nel terzo gruppo astronauti nel 1963.

Theodore Freeman


Charles Bassett e Elliott See, equipaggio della Gemini 9, morirono nell’impatto del T-38 su cui volavano, il 28 Febbraio 1966, vicino il Lambert Field di St. Louis, Missouri. See che era ai comandi tentò un atterraggio visuale dopo che il precedente atterraggio strumentale in condizioni di scarsa visibilità era fallito. L’aereo si schiantò sul Building 101 della McDonnell Aircraft. Stafford e Cernan, l’equipaggio di backup della stessa missione, atterrarono senza problemi subito dopo l’impatto.

Charles Bassett


Elliott See


Clifton Williams infine morì il 5 Ottobre 1967 quando il suo T-38 improvvisamente ruotò su un lato e messosi in picchiata pressoché verticale da quasi 22.000ft, si schiantò a terra a Tallahassee, Florida. Williams si lanciò ma a causa dell’elevatissima velocità il paracadute non si aprì completamente. Il problema venne poi scoperto fu causato da un problema meccanico che bloccò l’uso degli alettoni.
Williams era nell’equipaggio di backup di Apollo 9 e avrebbe probabilmente camminato sul suolo lunare con Apollo 12.

Clifton Williams

Fortunatamente senza conseguenze fu l’incidente che vide protagonista Pete Conrad il 10 Maggio 1972. Conrad si lanciò con successo mentre tentava di effettuare un atterraggio di emergenza vicino alla Bergstrom Air Force Base di Austin. Conrad aveva già effettuato le missioni Gemini 5, Gemini 12 e Apollo 12 e si stava addestrando per la Skylab 2. A causa del forte maltempo l’aereo subì un’avaria grave alla strumentazione. Conrad era stato precedentemente dirottato dalla Ellington AFB al William P. Hobby Airport di Houston per condizioni meteo avverse. A 800ft di quota, al buio e nel mezzo di un temporale con pioggia e fulmini un’avaria elettrica al generatore provocò la perdita dell’illuminazione in cabina e di parte degli strumenti di navigazione. Conrad abortì l’avvicinamento e risalì in quota per evitare la tempesta. Il pilota richiese di poter essere vettorato su un alternato per poter effettuare un avvicinamento visuale e venne così portato nei pressi della Randolph AFB di San Antonio, quando però si accorse di non aver sufficiente carburante per raggiungere questa destinazione venne ulteriormente dirottato sulla Bergstrom AFB. Non raggiunse nemmeno questa pista perché il carburante finì quando si trovava a circa 3700ft di quota. Decise allora di lanciarsi e abbandonare il velivolo, solo dopo aver però comunicato alla torre la sua decisione e chiudendo la comunicazione con un “Bye Bye!”… Evidentemente dopo il black-out al lancio di Apollo 12, Conrad aveva già sviluppato una certa dimestichezza con il buio strumentale!

Il futuro
Il futuro in NASA del T-38 sarà probabilmente strettamente legato alle decisioni che arriverranno per il programma di più ampio spettro dell’USAF, il T-X. Si tratta della gara per la sostituzione di tutti i T-38 in servizio con un nuovo addestratore biposto ad alte prestazioni per l’aeronautica e probabilmente anche in parte per la US Navy. Il programma per l’acquisto di un numero variabile fra 350 e 1000 esemplari del velivolo prescelto è previsto inizi nel 2017 e da questa decisione probabilmente deriverà anche il destino della flotta di T-38 della NASA.
È bene ricordare che fra i favoriti alla vittoria di questa gara c’è l’italianissimo Alenia Aermacchi M-346 Master in pole position per la vittoria contro i vari BAE Hawk Inglese, KAI T-50 Golden Eagle Coreano e il T-X di Boeing/Saab Svedese. Quel che è certo è che nessuno dei velivoli in lizza è Americano, sarà quindi per la prima volta un velivolo straniero a compiere questo ruolo fondamentale, non solo in NASA ma anche per USAF e US Navy.

Alcune curiosità

Nel 1962 il T-38 battè i record per i tempi di salita a 3000m, 6000m, 9000m e 12000m detenuti allora dal glorioso F-104. Dopo appena un mese però i record gli furono strappati dall’F-4.

La sede di SpaceX a Hawthorne è nello stesso stabilimento da dove uscirono tutti i 1200 T-38 costruiti da Northrop, 50 anni prima.

Un spettacolare video realizzato da Ron Garan al suo ultimo volo addestrativo sul T-38

Una giornata di addestramento sul T-38 con Chris Hadfield

Sul T-38 che ha fatto da chase plane all’ultimo volo dello Shuttle Endeavour

Il Super-Guppy può divorare due T-38 contemporaneamente

L’arrivo dell’ultimo equipaggio Shuttle sui T-38 prima della partenza di STS-135

L’omaggio all’opera di Story Musgrave per i 50 anni del T-38 in NASA

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