L-129: Nella camera ipobarica: l’esperimento Airway Monitoring
Dal Diario di bordo di Samantha Cristoforetti:
Johnson Space Center (Houston, USA), 18 luglio 2014—Ieri ho avuto la mia seconda sessione di BDC (raccolta di dati di riferimento) per l’esperimento ESA Airway Monitoring [monitoraggio delle vie aeree—N.d.T.]. Potete trovare qualche informazione sulle basi scientifiche in questa vecchia nota del diario dall’EAC, dove ho seguito il mio corso introduttivo.
Perché abbiamo bisogno di raccogliere dati pre-volo a terra? Beh, se volete capire gli effetti dell’assenza di peso su un fenomeno, dovete prima osservarlo in condizioni normali a 1G. Poi sarete in grado di confrontare quei dati con i dati che raccogliete nello spazio, e stabilire quali cambiamenti vengano indotti dalla microgravità.
Nel caso di Airway Monitoring, come potreste ricordare, siamo interessati a studiare lo scambio gassoso nei polmoni in due condizioni: pressione normale e pressione ridotta (10 psi, che è circa 2/3 della pressione atmosferica normale). Nello spazio faremo la misura a pressione ridotta nell’airlock, che depressurizzeremo di conseguenza… ma come facciamo a terra?
Questo è cio che rende la BDC di Airway Monitoring interessante: facciamo la BDC in una camera ipobarica, una struttura che viene usata tipicamente per l’addestramento all’ipossia che i piloti, i paracadutisti… gli astronauti seguono periodicamente. Nella camera potete ridurre progressivamente la pressione simulando il volo ad altitudini maggiori. I 10 psi a cui si punta sono grossomodo equivalenti a un’altitudine di 10.000 piedi [circa 3.000 m—N.d.T.].
Il primo tipo di misura è piuttosto semplice: devo espirare in un analizzatore che misurerà il contenuto di ossido di azoto (NO) della mia espirazione. NO è un marcatore dell’infiammazione aerea, ma visto che potrebbe esserci un po’ di NO nell’aria che respiro, devo anche inspirare attraverso un purificatore che lo rimuove. Ora siamo sicuri che qualsiasi NO misurato nella mia espirazione venga realmente dai mei polmoni!
Il secondo tipo di misura è un po’ più complicato ed è necessario per capire il ricambio dell’NO nel polmone: quanto NO viene realmente diffuso nel mio sangue, invece che espirato? Quì è dove abbiamo bisogno dell’attrezzatura Portable PFS [attrezzatura portatile PFS—N.d.T.]: inspiro da una sacca contenente una miscela di gas nota (comprendente NO e un gas inerte di tracciamento) e, quando espiro, la porzione centrale del mio respiro espirato viene raccolta in un’altra sacca e analizzata.
Questo esperimento è interessante sia dal punto di vista della scienza fondamentale, sia per le applicazioni nello spazio e a terra. In termini di conoscenza, migliorerà la nostra comprensione di come operino i polmoni e la funzione respiratoria. Questo ci aiuterà a diagnosticare e curare le malattie del polmone: pensate per esempio che oltre 300 milioni di persone in tutto il mondo soffrono di asma, e in alcune regioni del mondo la patologia non viene spesso diagnosticata.
Per l’esplorazione dello spazio, è veramente importante capire cosa accade ai polmoni degli astronauti durante il volo spaziale di lunga durata. Siamo portati a inalare molte piccole particelle che fluttuano nell’aria in microgravità, mentre sulla Terra cadono al suolo—pensate solo a quanto rapidamente la polvere può accumularsi nella vostra casa (o almeno lo fa nella mia!)
Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS. Leggi il Diario di bordo di Samantha Cristoforetti e l’introduzione.
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