Come difendere la ISS dai detriti orbitali
Sin dal lancio di Zarja nel 1998, il monitoraggio dei detriti spaziali in potenziale rotta di collisione con la ISS è parte integrante delle operazioni che la NASA svolge quotidianamente per garantire la continuità operativa e la sicurezza degli astronauti a bordo.
Nel caso in cui si palesi una potenziale minaccia di impatto con un detrito spaziale o un micro meteorite (MMOD), la ISS modifica la propria altitudine in modo minimizzare/annullare le probabilità di una collisione.
Nella Flight Contro Room della ISS chi si occupa di questo aspetto operativo è il Trajectory Operations Officer (TOPO). In una bella intervista di pubblicata su Arstechnica.com, Josh Parris (flight controller della NASA) spiega: “Lo United States Stretegic Command (USSTRATCOM) ha un database di tutti gli oggetti orbitanti catalogati e ne aggiorna costantemente la posizione ed il percorso. Tre volte al giorno confronta le traiettorie con quelle della ISS ed in caso di avvicinamenti potenzialmente pericolosi, ci comunica il livello di probabilità”
Quando cambiare l’orbita per evitare un MMOD
Viene presa in considerazione una distanza a di 2 km di spazio sopra e sotto la stazione e 50 km lungo il percorso ed il tracciato orbitale. Un MMOD che potrebbe attraversare quest’ area è nomenclato come “close approach” e viene notificato dal USSTRATCOM alla NASA.
Le previsioni hanno dei margini di incertezza perchè un detrito incontrollato è soggetto a diverse forze (flussi solari, gradienti gravitazionali ecc) che ne possono variare l’orbita in maniera imprevedibile.
Gli standard operativi attuali prevedono una manovra evasiva di priorità “gialla” se le probabilità di incrociare un MMOD vanno da un rapporto di 1/10,000 fino a 1/100,000 solo se questa manovra non abbia ripercussioni sulle operazioni e le missioni scientifiche a bordo della stazione (ad esempio il ritardo di un lancio a supporto della ISS o la variazione significativa della microgravità a scapito degli esperimenti)
Nel caso di una probabilità che va da 1 (statisticamente certo) 1/10,000 (priorità “rossa) la manovra viene eseguita solo se questa non implica un rischio per l’equipaggio o per la stazione (ad esempio un componente vitale già daneggiato e che potrebbe deteriorarsi ulteriormente con sollecitazioni aggiunte).
Come cambia l’orbita la ISS
Per cambiare l’orbita della ISS vengono impiegati solitamente i propulsori del modulo Zvezda o (quando presenti ed operativi) quelli dei vari moduli cargo. Tipicamente una manovra evasiva sottopone la stazione spaziale ad un delta V che va da 0,5 a 1 metro per secondo. Per eseguire la manovra con la giusta velocità il TOPO deve tener conto della esatta massa della ISS in quel momento (questo dato è curato dal CIO, Cargo Integration Officer)
L’assetto invece varia grazie ai 4 giroscopi controllati dalla postazione del ADCO (Attitude Determination and Control Officer)
Non sempre comunque si ha il tempo di variare l’orbita della ISS. La pianificazione richiede almeno trenta ore e nel caso in cui un allarme venga dato con poco preavviso, si portano in sicurezza gli astronauti a bordo delle capsule Sojuz. Queste verrebbero utilizzate come scialuppe di salvataggio nell’ipotesi di un impatto capace compromettere la sopravvivenza della stazione. Sin dall’inizio della vita operativa della ISS (15 anni ormai) per 3 sole volte si è palesato questo scenario. Bisogna sempre tener presente le probabilità in gioco per non incedere verso pensieri filmografici.
Oltre queste sporadiche occasioni che hanno colto alla sprovvista, si sono avute 16 variazioni di orbita per evitare gli MMOD dall’inizio dell’assemblaggio in orbita della ISS. Il 2013 è stato un anno senza nessuna manovra evasiva, il 18 gennaio 2014 però è stato rimandato l’innalzamento dell’orbita in preparazione dell’arrivo della Progress M-22M prorio a causa di un possibile “close encounter” con un MMOD presente sull’orbita di destinazione.
Da cosa si difende la ISS
La popolazione dei detriti spaziali si divide fondamentalmente in 5 categorie
- Materiali di frammentazione: sono materiali per lo più generati da particelle di vernice; frammenti di coperture termiche o residui della combustione dei razzi a propellente solido (particelle di ossido di alluminio ed alluminio che possono raggiungere anche i 2 centimetri di diametro). Di questa categoria fanno parte anche i detriti formati a seguito della esplosione/distruzione accidentale o meno di un satellite. Rappresentano il 40,0% del totale.
- Satelliti in disuso: satelliti che hanno esaurito la loro vita operativa e rappresentano il 25,3% del totale.
- Stadi di razzi: una volta esaurita la loro utilità lasciati decadono per lo più in maniera incontrollata. 19,4%.
- Oggetti correlati alle missioni: sono spaziatori dei satelliti, fairing, bulloni esplosivi ecc. 13.3%
- Oggetti di natura non identificata: 2,0%
Gli MMOD con diametro superiore ai 10 cm sono per lo più completamente catalogati e tracciati dai sistemi radar di terra.
I detriti che hanno un diametro che va da 0,3 a 10 cm (catalogati per il 70/80% solo per gli MMOD con diametro >5cm) sono soggetti anche ad un calcolo di rischio probabilistico e quindi da considerarsi una minaccia “incontrollata”. Si da comunque per assunto che in caso di danneggiamento da parte di un MMOD di tale dimensione, il tempo di mettere il salvo il personale a bordo mediante il veloce isolamento di sezioni della stazione sia sufficiente.
La stragrande maggioranza dei detriti comunque ha diametri inferiori a 0,3 mm. Qui entrano in gioco le protezioni passive della ISS.
“Scudi Spaziali”
Queste sono per lo più fatte con delle piastre di alluminio, distanziate tra di loro di alcuni centimetri (spesso intervallate da strati intermedi di Nextel e Kevlar) in modo da vaporizzare o comunque rompere la struttura del detrito sulla prima piastra e limitare il potere di impatto quella posta alla base.
Questo è solo un piccolo esempio. Sulla ISS sono presenti un centinaio di schermature di tipo diverso a protezione delle varie componenti sensibili. Per Approfondire il discorso su questo tema maggiori informazioni a questo link.
Come sempre, una ricerca continua.
La prevenzione e lo studio degli impatti degli MMOD si svolge anche attraverso l’analisi dei materiali esposti al vuoto spaziale e riportati a terra (il più famoso studio in questo campo è stato fatto con il satellite LDEF) come anche esaminando le superfici dello Shuttle ad ogni rientro dalle missioni. Presso la White Sands Test Facility (WSTF) al Remote Hypervelocity Test Laboratory (RHTL) si porta avanti l’osservazione diretta degli impatti generati in laboratorio.
Il NASA Orbital Debris Program Office sta ultimamente sviluppando un satellite chiamato Debrisat che ha il solo scopo di essere distrutto in una camera appositamente foderata, in modo da catturare i detriti generati per poterne studiare quantità, conformazione e distribuzione.
Tutto fatto per studiare nuovi materiali e nuove tecniche per migliorare la protezione della ISS.
Foto: NASA
Fonti NASA; Arstechnica.com
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