Lo shutdown del governo americano impatta anche la NASA
Con la chiusura dei servizi non essenziali del governo americano, la NASA è costretta a ridurre le proprie attività di ricerca e sviluppo, e a sospendere completamente l’aggiornamento dei siti internet e delle altre attività divulgative.
La chiusura, o shutdown, è stata causata dal mancato accordo al Congresso americano sulla legge finanziaria dell’anno in corso. In questi casi la legge USA prevede di sospendere tutti i servizi governativi non essenziali. Essendo la NASA un’agenzia governativa che non svolge servizi considerati essenziali, quali polizia, vigili del fuoco o controllo del traffico aereo, molti dipendenti dell’agenzia spaziale sono a casa senza stipendio dallo scorso 1 ottobre. Secondo quanto riporta il sito SpaceflightNow.com, ben 16135 dei 18250 dipendenti NASA è a casa.
Nei prossimi giorni, e finché non si risolverà la situazione, saranno comunque assicurate le attività di controllo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) che, al momento, ospita tre cosmonauti russi, due astronauti della NASA e l’italiano Luca Parmitano. La situazione non è però così semplice per quel che riguarda tutte le altre missioni spaziali robotiche in giro per il sistema solare e lo sviluppo delle attività a terra.
Saranno assicurate anche le attività necessarie a mantenere in salute le varie sonde, mentre le attività scientifiche potrebbero subire ripercussioni. Ad esempio, la sonda LADEE, recentemente lanciata, viene seguita in questi giorni nelle fasi cruciali di avvicinamento verso la Luna in quanto l’assenza di controllo metterebbe a rischio la sonda con la sua preziosa strumentazione scientifica. Più nebuloso è invece il futuro della sonda una volta raggiunta stabilmente l’orbita lunare prevista e testati i vari strumenti di bordo.
Anche l’incolumità delle altre sonde non è in discussione. Molte delle attività scientifiche delle missioni sparse per il sistema solare, inoltre, sono gestite in appalto dal Jet Propulsion Laboratory (JPL) o dall’Applied Physics Laboratory (APL). È il caso, per esempio, di Curiosity, Opportunity, Mars Odyssey, Mars Reconnaissance Orbiter, Cassini, Dawn, Juno, Spitzer, le Voyager e WISE, tra le altre (JPL), Messenger e New Horizons (APL). JPL e APL fanno capo, rispettivamente, al California Institute of Technology (CalTech) e alla Johns Hopkins University, due istituzioni private. Anche la rete di antenne utilizzata per comunicare con tali sonde, il Deep Space Network, è gestito dal JPL. La situazione potrebbe comunque cambiare in futuro, se lo shutdown non verrà risolto, una volta che i fondi stanziati da NASA e precedentemente accumulati al JPL e all’APL finiranno.
Si fermeranno, invece, le attività relative allo sviluppo delle missioni che non hanno criticità relative alla data di lancio, come ad esempio il James Webb Space Telescope, il nuovo lanciatore Space Launch System (SLS) e la capsula Orion. Anche la nuova missione marziana MAVEN ha inizialmente rischiato lo stop. L’orbiter dovrebbe essere lanciato il prossimo 18 novembre e un’eventuale ritardo durante il lavoro di preparazione al lancio avrebbe potuto far saltare la finestra di lancio. Il risultato sarebbe stato la posticipazione della missione di più di due anni, fino al prossimo allineamento tra la Terra e il pianeta rosso. Per fortuna, dato l’impatto, anche finanziario, che questo avrebbe sulla missione, la NASA ha concesso un permesso speciale di emergenza per poter proseguire i preparativi al lancio.
Per ora, l’impatto più grande, e visibile, di questo shutdown è sulle attività divulgative della NASA. Tutti i siti internet facenti capo all’agenzia spaziale, sicuramente tra i siti più visualizzati del web, riportano ora pagine statiche non aggiornate o addirittura un’unica pagina che recita il messaggio: “A causa della mancanza di finanziamento da parte del governo federale, questo sito internet non è disponibile. Ci dispiace profondamente per l’inconveniente”. Stessa sorte per i seguitissimi feed sui social network e le trasmissioni di NASA TV.
La NASA aveva affrontato una situazione simile già nel 1995, quando ci fu uno shutdown di 5 giorni a novembre, e di ben 21 giorni il mese successivo. Il primo dei due shutdown, in particolare, avvenne durante una missione dello Shuttle sulla Mir, forzando la NASA a supportare la missione con un personale ridotto al minimo indispensabile.
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Non esistono centri di controllo di backup tipo dell’ESA? Ok che sono missioni NASA, ma molte vedono la collaborazione di più enti
Collaborazione non significa duplicazione dei servizi. La ridondanza esiste quando sussistono questioni tecniche, non amministrative 🙂
dannati repubblicani