Tornare sulla Luna? Costi Proibitivi.
Come si ricorderà, alcuni mesi or sono NASA propose di trasformare la seconda uscita della capsula Orion in una ambiziosa missione di rendez-vous con un asteroide precedentemente “catturato” ed immesso in una orbita facilmente raggiungibile da un equipaggio umano. Questa ipotesi, fortemente sostenuta dall’amministratore della NASA, generale Charlie Bolden, ha lasciato piuttosto freddo il mondo politico americano, che è fondamentale per il finanziamento delle attività dell’Agenzia e che avrebbe di gran lunga preferito assistere ad un nuovo sbarco sulla Luna.
Sebbene Bolden abbia più volte manifestato la sua opposizione a questa idea, il documento “Concept of Operations” la prende in considerazione a livello ipotetico, inserendola nel più ampio panorama dell’Architectural Timeframe Design Reference Missions. L’ultima versione del “Con-Ops”, cui fa cenno il sito divulgativo nasaspaceflight.com, affronta in modo abbastanza esaustivo le problematiche tecniche ed economiche di una “Lunar Sortie DRM”, e parrebbe avvalorare le riserve del generale Bolden, secondo il quale il ritorno alla Luna sottrarrebbe risorse preziose da destinarsi invece alle prime esplorazioni dello “spazio profondo”.
A differenza delle missioni Apollo, che si basavano su un unico lancio del Saturno V, riportare un americano sulla Luna con SLS/Orion richiederebbe due lanci del vettore in configurazione da 105 tonnellate. L’obiettivo sarebbe di portare 4 persone nelle zone polari o equatoriali del nostro satellite (che sono quelle che richiedono il minor delta-V lunare), con un soggiorno di circa una settimana.
Poichè allo stato i lanci di SLS richiedono uno iato di 6 mesi, la missione Lunar Sortie avrebbe una pianificazione elaborata, e l’hardware (veicoli) verrebbe ricongiunto in orbita lunare: il primo lancio SLS mette in LEO il lander lunare, più uno stadio propulsivo criogenico CPS; il secondo lancio porta in LEO Orion con un altro blocco CPS. Invece di agganciare Orion al lander in orbita terrestre, questo scenario prevede che i due CPS immettano i due veicoli in orbita bassa lunare (LLO), a distanza, appunto, di sei mesi, con il lander che attende pazientemente la capsula con l’equipaggio. In seguito all’aggancio, l’equipaggio lascia la capsula e scende sulla superficie selenica con il lander. Questa soluzione è evidentemente molto costosa (due lanci SLS), ma almeno offre il vantaggio di progettare un lander molto performante senza troppi vincoli di volume/massa. Come in passato, il lander sarebbe diviso in una parte inferiore (modulo di discesa) ed una superiore (modulo di risalita); quest’ultima ospiterebbe tutto l’equipaggiamento, le forniture ed i consumabili per l’equipaggio, nonchè sportelli adatti al passaggio delle tute “block 2 EVA Deep Space Suit”. Esiste anche una configurazione ancora più spaziosa, con un modulo “suit lock/suit port” interposto fra gli altri due: una sorta di vestibolo/camera stagna che minimizza i tempi richiesti per la vestizione dell’equipaggio ed anche le perdite di atmosfera.
Anche impiegando estensivamente il lavoro fatto per lo sviluppo del lander Altair (parte del programma Constellation), il costo del veicolo di discesa sarebbe, da solo, di svariati miliardi di dollari, come temuto da Bolden.
Al termine del soggiorno lunare, l’equipaggio ripartirebbe verso l’Orion; la capsula ha sufficiente delta-V per ricongiungersi al modulo di risalita in qualsiasi momento, anche se un rientro non nominale potrebbe imporre una permanenza in orbita lunare in attesa di una finestra favorevole alla traiettoria di rientro verso la Terra. Prima della partenza, naturalmente, il lander (quanto ne rimane) verrebbe sganciato in quanto non più necessario.
Come detto, i costi elevati (e l’avversione dei vertici NASA) rendono questa missione lunare assai poco probabile; ciò non ha impedito che essa venisse delineata nei suoi tratti principali, in attesa che i dirigenti statunitensi definiscano meglio budget ed obiettivi delle future missioni umane di NASA.
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