NASA aggiorna gli scenari EOL della ISS
Nell’ultimo incontro dell’Aerospace Safety Advisory Panel (ASAP) di NASA si è discusso anche di un nuovo piano di fine di vita (End Of Life – EOL – scenario) della Stazione Spaziale Internazionale.
Un piano che prevede un rientro distruttivo in atmosfera della ISS si rende infatti necessario nel caso di una gravissima emergenza che richiederebbe il completo abbandono della Stazione.
La ISS al momento rimarrà in orbita sicuramente fino al 2020, sebbene si sia già parlato e ci siano studi in corso circa un prolungamento della vita operativa e si stia valutando con precisione lo stato di salute a lungo termine di ciascun componente. Al momento si spera di riuscire a mantenere in funzione la ISS almeno fino al 2028; questa data però non è determinata solamente a partire da questioni di natura tecnica, si tratta anche di un accordo politico internazionale, in particolar modo per quanto riguarda la suddivisione e la sostenibilità dei costi di funzionamento.
Al momento la ISS è protetta dalle emergenze più gravi grazie ad un team di persone specializzato a Terra, inoltre, grazie alle periodiche Debris Avoidance Manuever (DAM) e ai reboost vengono evitati numerosi impatti e collisioni con detriti e micrometeoriti.
Nella maggior parte degli scenari di emergenza la priorità è concentrata sull’equipaggio: le due Sojuz costantemente agganciate alla Stazione fungerebbero da scialuppe di salvataggio in caso di evacuazione. In questo caso però quale sarebbe il destino della Stazione stessa?
Il piano più recente prevederebbe un periodo di circa 14 giorni, a partire dal momento dell’evacuazione, nel quale si dovrebbe prendere la decisione sull’eventualità di deorbitare la ISS.
Si tratta comunque di strategie ancora in fase di elaborazione, rimangono molti gli aspetti da focalizzare e precisare.
Negli scenari discussi in passato NASA invece prevedeva di innalzare ulteriormente l’orbita della Stazione subito dopo l’evacuazione, così da allungare i tempi per poter prendere con più calma una decisione sul destino della Stazione e ipoteticamente rendere possibile anche una missione di salvataggio o di manutenzione, per riparare eventuali danni alla struttura.
Recentemente NASA però ha rimesso in discussione questa eventualità ed è stato preferito optare per un piano di rientro controllato in caso di un danno di gravità eccezionale.
Sarebbero necessari circa 180 giorni per portare la ISS alla quota di deorbit, questo tempo sarebbe necessario per permettere la preparazione e il lancio di due Progress russe cariche di propellente da trasferire al Service Module della ISS, incaricato di eseguire l’accensione finale di rientro in atmosfera. Il punto di rientro nell’Oceano non può essere definito a priori e andrebbe valutato secondo le circostanze del caso. Comunque sia si tratterebbe del più grosso manufatto umano ad eseguire un rientro distruttivo in atmosfera ed è altamente probabile che una grande quantità di materiale e hardware sopravviva all’evento.
In passato si era già discusso sull’uso di una sola o di due Progress per gli scenari di fine vita della Stazione; l’uso di una singola Progress sarebbe ipotizzabile in caso di uno scenario EOL non nominale, l’uso di due Progress, invece, permetterebbe una migliore pianificazione del rientro, un maggiore impulso al momento del deorbit e un più preciso punto di impatto.
La discussione circa gli scenari di fine vita della ISS è in corso ormai già da qualche anno all’interno dell’Aerospace Safety Advisory Panel, sicuramente non si tratta di una priorità, ma il sentimento comune è quello di dover iniziare a pensare anche a queste possibilità visto l’avanzare dell’età della Stazione.
Fonte: NSF.
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