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Realizzare una base lunare con una stampante 3D

ESA ha unito le forze con alcuni partners industriali, tra cui il rinomato studio di architettura Foster + Partners, per studiare la possibilità di impiegare suolo lunare  e stampanti 3D per realizzare un habitat sul nostro satellite naturale.
Lo studio Foster ha concepito una struttura autoportante a cupola, con forma “catenaria” e muri con architettura cellulare per la protezione da radiazioni cosmiche e micrometeoriti; all’interno troverebbe posto un modulo gonfiabile pressurizzato destinato all’equipaggio. La forma catenaria è quella che assume una fune vincolata ai due estremi sotto il proprio peso, mentre la struttura a celle chiuse dei muri, simile a quella delle ossa degli uccelli, offre un buon compromesso fra peso e resistenza.
Il tutto ispirato dalle potenzialità delle stampanti 3D, con le quali è stato realizzato un blocco di prova del peso di una tonnellata e mezza, che vediamo nell’immagine di ESA.

http://spaceinimages.esa.int/var/esa/storage/images/esa_multimedia/images/2013/01/1.5_tonne_building_block_produced_as_a_demonstration/12501049-1-eng-GB/1.5_tonne_building_block_produced_as_a_demonstration_node_full_image.jpg

Inutile dire che la possibilità di impiegare materiali trovati sul posto ridurrebbe in modo esponenziale le difficoltà di realizzazione di una base lunare permanente.
Per le prove è stata impiegata una stampante D-Shape della britannica Monolite (vedi sotto), che offre una schiera mobile di ugelli, montati su  un telaio di sei metri, che spruzzano una soluzione legante su di un materiale da costruzione  simile alla sabbia. Il materiale selenico simulato è mescolato ad ossido di magnesio, per renderlo idoneo al processo di “stampa”, mentre l'”inchiostro” legante è uno speciale sale che trasforma il prodotto originale in un solido simile alla roccia.

http://spaceinimages.esa.int/var/esa/storage/images/esa_multimedia/images/2013/01/d-shape_printer/12501219-1-eng-GB/D-Shape_printer_node_full_image.jpg
Il modello attuale di stampante ha una velocità di circa 2 metri l’ora, mentre quelli di prossima generazione dovrebbero raggiungere i 3,5 metri/ora, consentendo di completare un edifico in una settimana.

fonte: ESA

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