La US Navy si prepara a recuperare Orion

NASA ha siglato un accordo con la marina degli Stati Uniti per il recupero della capsula Orion dopo gli splashdowns sino alla missione EM-2 con equipaggio. È l’occasione per soffermarci sulle procedure di messa in sicurezza del veicolo, che potranno forse sorprendere coloro i quali ancora ricordano le operazioni condotte da portaerei quali la USS  Hornet ed elicotteri come il Sikorski SeaKing negli anni sessanta.
Per circa 30 anni, il ciclo di vita dello space shuttle, gli astronauti americani hanno potuto beneficiare di un comodo rientro su una pista di atterraggio; i primi progetti di Orion (quando ancora era parte del programma Constellation) prevedevano la possibilità di un atterraggio su terra ferma grazie all’uso di paracadute ed airbags. Questa soluzione venne poi scartata per ridurre i pesi della capsula, e le prossime generazioni di esploratori spaziali USA dovranno dunque tornare all’antico, e concludere le loro missioni con un tuffo nell’oceano.
Questa volta, tuttavia, non si userà una portaerei (o portaelicotteri), bensì una nave del tipo “anfibio” (LPD Landing Platform-Dock), ovvero destinata primariamente alle operazioni di sbarco. Le navi di questo tipo presentano un ponte superiore riservato ai velivoli (ad ala rotante, o vtol/stovl), ed uno inferiore allagabile, collegato all’esterno da un portellone simile a quello dei traghetti civili.
Le operazioni per le quali si stanno allenando i marinai della US Navy prevedono che i sommozzatori raggiungano la capsula a bordo di gommoni, per verificare che sia sicuro avvicinarsi ad essa senza dispositivi di protezione individuali. Segue l’applicazione di un “collare” galleggiante che stabilizza la capsula. A questo punto, essa viene collegata con cavi ad un verricello posto all’interno del ponte allagabile della nave anfibia, che inizia il recupero, mentre altre cime vengono impiegate dai gommoni per orientare la capsula nella giusta direzione, verso poppa.
Quando Orion si trova nel ventre della nave anfibia, il portellone posteriore viene sollevato a 45 gradi, in modo da calmare le acque all’interno dell’hangar. A questo punto la capsula viene posizionata in corrispondenza di un apposito sostegno, l’acqua viene espulsa, ed Orion viene saldamente agganciato al suo supporto.
Nei prossimi mesi sono previste numerose esercitazioni al largo della California (ed in porto) per testare ogni fase del recupero e le relative attrezzature.
È verosimile che la nave interessata dalle operazioni sarà la USS San Diego (LPD-22), una unità nuovissima di classe San Antonio. Queste navi sono molto più economiche rispetto ad una portaerei, ed offrono notevoli capacità di tracciamento radar, nonchè la possibilità di far intervenire elicotteri in caso di necessità.
Al momento, il primo volo di Orion, senza equipaggio, è previsto per il settembre 2014.

fonte: NASA

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Paolo Actis

Paolo ha collaborato con AstronautiNEWS dal maggio 2008 al dicembre 2017