Declassificato il recupero di una capsula di rientro del satellite spia KH9-1 HEXAGON

Nel mese di agosto del 2012 la CIA ha declassificato e pubblicato i documenti sul recupero dal fondale oceanico della terza capsula di rientro del satellite KH9-1 HEXAGON, avvenuto 40 anni fa nel 1972. KH9-1 fu il primo del programma KH9 HEXAGON di satelliti spia USA per la ricognizione fotografica.

La capsula, che conteneva alcuni caricatori di pellicola esposta utilizzati per le riprese fotografiche, fu sganciata dal KH9-1 il 10 luglio 1971 ed eseguì un rientro controllato nell’atmosfera per essere recuperata da un aereo in volo in un punto prestabilito dell’oceano Pacifico, al largo delle isole Hawaii. Durante la discesa il paracadute della capsula si strappò in seguito all’apertura anomala facendola precipitare, schiantare violentemente sulla superficie dell’acqua con un’accelerazione di 2.600 g, e inabissarsi a una profondità di circa 5.000 m.

La terza capsula di rientro del satellite KH9-1 HEXAGON sul fondo dell’oceano

La terza capsula di rientro del satellite KH9-1 HEXAGON sul fondo dell’oceano. Fonte: Central Intelligence Agency (CIA)

La U.S. Navy, la marina militare americana, organizzò subito una spedizione di recupero utilizzando il batiscafo Trieste II Deep Sea Vehicle (DSV-1) motivata sia dal grande valore di intelligence delle immagini raccolte dal satellite, sia dalla sperimentazione di tecniche di recupero da fondali oceanici profondi.

La spedizione fu complicata dalla difficoltà di localizzazione del piccolo relitto mediante sonar e dal fatto che il Trieste II non si era mai spinto al di sotto di circa 3.000 m di profondità. La capsula fu agganciata da un braccio meccanico collegato al batiscafo e riportata in superficie il 26 aprile 1972, dopo i tentativi senza successo del 3 e 30 novembre 1971.

L’accurata analisi del relitto stabilì che la capsula si era rotta per l’impatto con il mare facendo uscire parzialmente le bobine di pellicola, alcuni spezzoni della quale si erano strappati e separati. La pellicola rimasta si ruppe in frammenti durante la risalita in superficie permettendo il recupero di circa 7,5 m della preziosa emulsione fotografica.

Il programma KH-9 HEXAGON, noto anche come Big Bird, fu condotto dal National Reconnaissance Office (NRO) statunitense con 20 satelliti di ricognizione fotografica lanciati con vettori Titan 3D dalla U.S. Air Force, l’aeronautica militare. Dei 20 lanci tentati fra il 1971 e il 1986, 19 ebbero successo.

I satelliti KH-9 HEXAGON, lunghi circa 18 m e larghi 3 m, avevano una forma cilindrica con una coppia di pannelli solari collegati a un’estremità. Nella sezione centrale era alloggiato il sistema di ripresa fotografica principale costituito da due camere fotografiche gemelle per riprese stereoscopiche, con un’apertura di 51 cm e specchi primari da 91 cm. Il sistema consentiva una risoluzione al suolo fino a 60 cm. I satelliti includevano inoltre una fotocamera a bassa risoluzione e largo campo per impieghi di mappatura.

Un satellite KH9 HEXAGON con le 4 capsule di rientro color oro sotto la sezione superiore

Un satellite KH9 HEXAGON con le 4 capsule di rientro color oro sotto la sezione superiore. Fonte: National Reconnaissance Office (NRO)

In quel periodo le tecnologie di trasmissione radio delle immagini ad alta risoluzione non erano ancora utilizzabili. Le foto venivano dunque acquisite su pellicola fotografica in bobine che, raccolte in 4 capsule nella sezione di ciascun satellite opposta a quella dei pannelli solari, venivano espulse e, dopo il rientro controllato nell’atmosfera, agganciate in volo sopra l’oceano da aerei C-130 Hercules che le riportavano a terra per le analisi.

Il batiscafo Trieste II utilizzato per il recupero della capsula di KH9-1 era il successore del celebre Trieste che, con a bordo Jacques Piccard e Don Walsh, il 23 gennaio 1960 stabilì il record di profondità di 10.911 m nella Fossa delle Marianne. Il Trieste II, realizzato negli USA ma di progettazione svizzera come il precedente, includeva la batisfera originale del Trieste costruita in Italia come il resto del batiscafo di Picard e Walsh.

Fonte: SPACE.com

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Paolo Amoroso

Si occupa di divulgazione e didattica dell'astronomia e dello spazio. Attualmente collabora con il Planetario di Milano e fino al 2012 ha lavorato per il Museo Astronomico di Brera. Si interessa di astronomia, astronautica ed esplorazione dello spazio e Google. È nel Direttivo dell'Associazione Italiana per l'Astronautica e lo Spazio (ISAA), per la quale svolge diverse attività fra cui la co-conduzione del podcast AstronautiCAST.