La scia dello Shuttle ha fatto luce sui venti atmosferici
L’8 luglio 2011 è una delle date che verranno ricordate per aver segnato la fine dell’era Space Shuttle; quel giorno tutti noi abbiamo ammirato l’ultimo decollo della navetta americana che con lo Shuttle Atlantis dava il via alla missione STS-135 ma, mentre il mondo ammirava per l’ultima volta il poderoso decollo e la successiva salita in orbita ed i commentatori discutevano sui contributi alla ricerca scientifica che quel magnifico velivolo aveva permesso di conquistare, alcuni scienziati osservavano con particolare attenzione la scia di vapore acqueo generata dai gas di scarico dei propulsori.
L’osservazione della scia della navetta ha permesso agli scienziati di approfondire la conoscenza della propagazione dei flussi e delle correnti d’aria nella mesosfera e nella bassa termosfera. La mesosfera è il terzo degli strati in cui è suddivisa l’atmosfera terrestre ed è compresa tra la stratosfera e la termosfera. La mesosfera è compresa tra i 50 e gli 80 km di altitudine. La termosfera è il quarto degli strati che costituiscono l’atmosfera comunemente detta ed è compresa tra mesosfera ed esosfera. La termosfera va dagli 80 km di quota fino ai 500 circa.
Il progetto della NASA denominato AIM (Aeronomy Ice in the Mesosphere) ha avuto lo scopo di analizzare la propagazione delle correnti e dei flussi di aria a queste quote elevate. Lo studio di queste regioni è sempre stato molto difficoltoso ed i modelli matematici utilizzati in precedenza non erano molto precisi, tanto che una prima analisi delle osservazioni della scia dello Shuttle ha permesso di stabilire che il vapore acqueo rilasciato dai propulsori della navetta si è propagato più velocemente del previsto, e che nel giro di 21 ore si è in gran parte raccolto vicino all’Artico dove si sono sviluppate nubi d’alta quota insolitamente luminose note anche come nubi mesosferiche polari (PMC – Polar Mesospheric Clouds)
Le PMC sono le più alte nubi terrestri; esse si formano di solito sulle regioni polari in estate e brillano quando il sole è appena sotto l’orizzonte. Ci sono alcune prove che attestano come il numero di queste nubi sia in aumento e lo studio in corso dovrà comprendere se tale fenomeno sia correlato ad un eventuale cambiamento climatico.
Le osservazioni hanno mostrato che la scia di vapore acqueo si è diffusa orizzontalmente coprendo una distanza compresa tra i 2000 ed i 2500 km, arrivando sull’Artico ad una velocità sorprendente. È ora compito degli scienziati scomporre quanto indotto da effetti sporadici, come possono essere i gas di scarico della navetta, da altri effetti di lungo termine.
Le osservazioni AIM hanno inoltre evidenziato una chiara differenza tra le PCM tipiche e quelle indotte dalla navetta. Normalmente le particelle più piccole vengono registrate più in altro rispetto a quelle di maggiori dimensioni; nel caso del vapore acqueo dello Shuttle è stata osservata una configurazione rovesciata con le particelle più grandi in alto.
Gli scienziati, per monitorare la scia dello Shuttle in decollo, si sono avvalsi di sette strumenti diversi. I primi due erano installati su un velivolo NASA chiamato TIMED (Thermosphere Ionosphere Mesosphere Energetics and Dynamics). L’osservazione è quindi proseguita utilizzando il Sub-Millimeter Radiometer installato sul satellite svedese Odin. Quando la scia di vapore ha raggiunto latitudini più elevate si è ricorsi allo spettrometro a microonde installato presso l’Istituto di Fisica dell’Atmosfera di Kuehlungsbom in Germania e ad uno strumento analogo situato ad Andenes in Norvegia. Per lo studio della nube sull’Artico sono stati utilizzati, dall’alto, il satellite AIM e, dal basso, uno strumento denominato RMR anch’esso installato presso il centro norvegese di Andenes.
Fonte : Spaceref
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