Negli ultimi tempi la definizione di obiettivi e strategie dell’agenzia spaziale americana è stata pesantemente compromessa dalle incertezze sul budget disponibile negli anni a venire. Tuttavia, una base di riferimento è rappresentata dallo sviluppo del vettore SLS, che nel 2017 dovrebbe lanciare una capsula Orion priva di equipaggio per un test di validazione. Al momento questa missione di debutto prevede il lancio con il vettore HLV nella configurazione da 70 tonnellate, per raggiungere una orbita con apogeo a 975 miglia nautiche di altezza (1800 chilometri). Da qui, lo stadio ICPS a propulsione criogenica fornirebbe la spinta necessaria per la “trans lunar injection”, con una traiettoria di volo libero che, dopo aver raggiunto la luna, riporterebbe la capsula verso terra, con splashdown nel Pacifico dopo un viaggio di 7-10 giorni. Passerebbero poi ben quattro anni prima di poter rivedere Orion in azione, per una nuova missione praticamente identica alla precedente, ma stavolta con equipaggio a bordo. Nulla è dato sapere a proposito di quanto avverrà in questi 4 anni di iato, ed anche i programmi successivi sono quantomeno vaghi, con riferimenti ad una missione verso un asteroide (metà anni ’20) e il gran passo verso Marte (metà anni ’30).
Tuttavia, NASA non si è del tutto arresa a questa non proprio esaltante prospettiva, e sta lavorando su un concetto noto come Portale dell’Eplorazione (o Piattaforma Esplorativa, o ancora Punto Tappa L2): il lancio di diversi moduli verso l’ISS, affinchè essi vengano assemblati in un avamposto da spedire poi verso il punto di Lagrange 2, che si trova dall’altro lato della Luna rispetto alla Terra. Da qui, questa nuova stazione spaziale fungerebbe da punto di partenza per l’esplorazione dello spazio profondo.
Esistono diverse versioni di questo programma, ma tutte si basano estensivamente sull’impiego di attrezzature e lanciatori esistenti: un elemento di camera stagna, un MPLM come modulo abitativo, e un modulo internazionale, collegati dal nodo 4/DHS (docking hub system). Le masse dei moduli in gioco vanno da 11 a 13 tonnellate, e verrebbero portate all’ISS tramite vettori esistenti: l’Atlas V medio, ad esempio, con lo stadio superiore Centaur dotato di uno speciale kit per prolungarne la vita operativa in orbita e consentire una maggiore flessibilità di rilascio del carico.
Anche il russo Proton potrebbe candidarsi come vettore per gli elementi dell’Exploration Gateway.
Una volta assemblata la piattaforma, si porrebbe il problema di inviarla verso il punto L2: per questo compito la propulsione elettrica solare (SEP) pare essere la preferita, con un forte sostegno che proviene da Boeing e Aerojet. Ad esempio, un veicolo SEP con potenza di 25-40 kW potrebbe portare un habitat in L2 in attesa di una visita da parte di Orion. Il propulsore SEP verrebbe messo a sua volta in orbita terrestre dal razzo STS.
Esistono anche altre ipotesi, tra le quali il sito nasaspaceflight menziona la possibilità di disseminare depositi di carburante lungo la rotta dell’habitat.
Va sottolineato che queste ipotesi sono, allo stato, delle semplici alternative a quello che è tuttora il programma ufficiale NASA così come lo abbiamo riassunto poco sopra: la speranza dei promotori (e dei moltissimi appassionati) è che il piano acquisisca energie e sostegno, negli USA ed all’estero, tanto da consentire la realizzazione del Gateway durante i quattro anni di “pausa” programmati, in modo da offrire al primo equipaggio di Orion una meta concreta che potrebbe addirittura già fungere da base di partenza per destinazioni ancora più ambiziose, come la superficie lunare.