Capita spesso che le missioni robotiche, una volta dopo il lancio, vengano lasciate un po’ dormienti al lavoro, persino da parte di chi fa divulgazione. È quindi il momento di guardare cosa fanno Herschel e Planck, i due telescopi spaziali cosi diversi ma accomunati dall’aver lasciato la terra a bordo dello stesso Ariane 5 da Kourou nel 2009.
Herschel, il più grande tra i due, telescopio nel far-infrared che opera in prossimità del punto L2 del sistema Terra-Sole, lavora alacremente, come ha testimoniato l’In-Orbit Operational Review completata a maggio scorso in ESOC. La review, preceduta dalla misurazione della quantità di elio superfluido rimasto utilizzabile – che garantisce il raffreddamento di parte del payload a temperature criogeniche – ha sancito che l’osservatorio orbitale potrà effettuare misurazioni fino alla primavera del 2013. Proprio il 9 giugno scorso è stata aperta una nuova call per individuare i migliori obiettivi da studiare su indicazione della comunità scientifica internazionale, che è sempre resa partecipe quando si definiscono i targets durante le fasi operative.
Un recente risultato di Herschel è stato l’osservazione della supernova SN1987A, nella Gande Nube di Magellano, esplosa 24 anni fa. Questa supernova, che dista “solo” 160000 anni luce dalla nostra galassia, è stata molto studiata negli ultimi anni, ma mai nella lunghezza d’onda in cui opera Herschel. L’osservazione della supernova ha dimostrato che la quantità di polveri che compone la stessa è maggiore di quanto ipotizzato grazie alle precedenti osservazioni infrarosse, indicando una maggiore quantità di elementi pesanti, quali carbonio, silicio e ferro sprigionati dall’esplosione stellare, per una massa paragonabile a quella del nostro Sole.
Anche Planck lavora con successo, nel pieno della prima estensione della sua vita operativa, ed ha appena completato la quarta passata dell’intera volta celeste per studiarne la radiazione di fondo. La sua vita utile finirà prima di Herschel, poichè nel gennaio del 2012 il fluido criogenico che raffredda il payload sarà esaurito e i detectors dello strumento HFI cesseranno di funzionare. Quelli del LFI tuttavia potranno continuare ad operare ancora per alcuni mesi.
Ma è sui risultati che anche Planck sta dando soddisfazioni; nel primo meeting sui risultati scientifici a Parigi, tenutosi ad inizio anno, sono stati mostrati i primi dati sull’identificazione di clusters di galassie grazie all’effetto di distorsione spettrale della radiazione cosmica di fondo (CMB), noto come effetto di Sunyaev-Zel’dovich. Non ci resta che augurare un fruttuoso lavoro a questi piccoli europei in giro nello spazio!
Fonte: ESA Bulletin n.147