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La NASA si interessa allo sviluppo di depositi orbitanti di propellente

La NASA ha recentemente selezionato quattro aziende aerospaziali per una campagna di studi riguardo la conservazione e il trasferimento di propellenti criogenici (cioè superfreddi, ad es. ossigeno e idrogeno allo stato liquido) nello spazio. Si tratta di una delle tecnologie innovative che potrebbero rivelarsi estremamente utili nei futuri piani di esplorazione del cosmo dell’agenzia spaziale americana.

Le aziende selezionate (salvo stipula del relativo contratto) sono:
  • Analytical Mechanics Associates Inc. Hampton, Va.
  • Ball Aerospace & Technologies Corporation, Boulder, Colo.
  • The Boeing Company, Huntington Beach, Calif.
  • Lockheed Martin Space Systems Company, Littleton, Colo.

NASA ha messo a disposizione un finanziamento di 2,4 miliondi di dollari, con un tetto massimo di 600.000 per ciascuna ditta. Ogni azienda dovrà redigere, come contropartita, un rapporto nel quale si delinei uno scenario di missione che possa dimostrare la validità delle tecnologie legate alla manipolazione nello spazio di propellenti liquidi criogenici, insieme alle strutture e alle capacità che andranno sviluppate  in relazione a questo compito.

Lo Human Architecture Team (HAT) della NASA sta lavorando da tempo allo sviluppo di depositi spaziali di propellente, da inviare e mantenere in orbita per lunghi periodi come veri e propri punti di rifornimento per le future missioni di esplorazione umana dello spazio oltre la LEO.

Il principale vantaggio di questa idea è la capacità di abbassare sensibilmente il costo dei voli spaziali, creando un sistema di transito e rifornimento in volo che alla NASA hanno battezzato “autostrade interplanetarie”. Inoltre l’utilizzo di depositi di propellente orbitanti eliminerebbe la necessità di trasportare fin dal lancio tutto il propellente necessario per una determinata missione, aumentando quindi il payload trasportabile. Tale soluzione consentirebbe così di utilizzare per i lanci delle future missioni anche razzi meno potenti dei lanciatori pesanti (HLV) per missioni oltre l’orbita terrestre (BEO).

Architetture di missione che prevedono l’utilizzo di depositi di propellente sono allo studio da diversi anni, sia internamente alla NASA che in aziende esterne come United Launch Alliance (ULA – joint venture tra Boeing e Lockeed Martin). Quest’ultima ha recentemente proposto una strategia di esplorazione basata proprio sull’utilizzo dei “rifornimenti” spaziali insieme ai lanciatori Atlas e Delta. Secondo note interne del NASA Johnson Space Center, riportate dal sito NasaSpaceflight.com, tale strategia sarebbe attivamente supportata da Houston come complemento, e non come alternativa, alla strategia del lanciatore pesante governativo Space Launch System (SLS). Lo studio fa parte di una serie di attività che va sotto il nome di Technology Development Activity (TDA) e che comprende anche altri progetti proposti, come ad esempio quello di una dimostrazione della tecnologia di trasferimento “wireless” dell’energia elettrica dalla ISS.

Esaminando i dettagli del piano di ULA, mentre il trasporto degli equipaggi sarebbe demandato a lanciatori esistenti come il Delta IV o l’Atlas V, si renderebbe necessaria la progettazione di un nuovo vettore, provvisoriamente chiamato Orbital Transfer Vehicle (OTV), che provvederebbe al posizionamento dei depositi di propellente in punti strategici nello spazio. In realtà il ruolo di lanciatore per i depositi spaziali potrebbe essere svolto anche dal futuro SLS di NASA, capace di spingere in orbita fino a 130 tonnellate di carico. Una volta in orbita terrestre, il posizionamento accurato dei serbatoi nei punti desiderati potrebbe svolgersi con uno “space tug”, una sorta di trattrice spaziale che potrebbe essere costruita partendo dall’ATV di ESA.

Per quanto riguarda le caratteristiche del “deposito”, ULA sembra orientata verso un design derivato dallo stadio Centaur, attualmente utilizzato come stadio superiore dei lanciatori Atlas V, che è stato battezzato “Simple Depot”. La stazione di rifornimento avrebbe una capacità di 30 tonnellate; per essere realizzata Centaur dovrà essere modificato in modo da gestire sia la tendenza a vaporizzare dei propellenti, sia per poter essere agganciato dai futuri mezzi spaziali bisognosi di riempire i serbatoi. Con ogni probabilità saranno anche installati speciali scudi termici, necessari a riparare lo scafo del deposito dalla costante illuminazione dei raggi solari e a mantenerne costante la temperatura, potenzialmente molto simili a quelli studiati per il James Webb Space Telescope.

Questa versione del “Simple Depot”, se utilizzato per rifornire in orbita il secondo stadio di una Delta IV Heavy con agganciata la capsula Orion, sarebbe in grado di supportare una missione di flyby lunare o verso i punti lagrangiani del sistema Terra-Luna. Depositi di capacità maggiore potrebbero invece sostenere missioni su oggetti NEO, sulla superficie lunare o quella di Marte.

La tecnologia dei depositi spaziali è in pieno sviluppo; la presentazione ULA trapelata sulle pagine di NasaSpaceFligth.com è solo una delle possibili soluzioni cui le quattro aziende selezionate da NASA stanno lavorando. Presto potremo verificare il risultato degli studi in preparazione ed il loro eventuale impiego pratico nelle future missioni di esplorazione umana dello spazio.

 

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