I primi risultati scientifici della missione Esa Planck sono stati resi pubblici oggi durante una conferenza stampa che si è tenuta in contemporanea a Parigi e a Roma. Risultati raccolti in un catalogo degli oggetti più freddi dell’Universo, da quelli presenti nella nostra galassia allo spazio più remoto.
«Tutto l’Universo è un palcoscenico, e tutte le galassie non sono altro che attori», scriverebbe Shakespeare se fosse un astronomo dei nostri giorni. Planck ci offre ora una nuova vista sia del palcoscenico sia degli attori, rivelando il dramma dell’evoluzione dell’Universo.
Dopo la pubblicazione, avvenuta nel luglio scorso, della prima immagine dell’intero cielo di Planck, oggi vengono infatti resi pubblici i primi, attesissimi, risultati scientifici della missione. Risultati presentati dalla Planck Collaboration a Parigi, proprio questa settimana, nel corso di un importante convegno su ben 25 articoli scientifici sottomessi per la pubblicazione ad Astronomy & Astrophysics.
Alla base di quasi tutti questi risultati c’è l’Early Release Compact Source Catalogue di Planck: restando nella metafora del teatro, è l’equivalente dell’elenco dei personaggi. Ottenuto dall’osservazione continua dell’intero cielo a lunghezze d’onda millimetriche e submillimetriche, il catalogo è costituito da una raccolta di migliaia di sorgenti estremamente fredde. Sorgenti che l’intera comunità scientifica potrà d’ora in avanti esplorare e studiare in tutta libertà.
«Sono i primi risultati pubblici della missione: un catalogo di tutte le sorgenti galattiche ed extragalattiche viste da Planck nell’intero cielo. Non solo: è il primo catalogo a tutto cielo a nove frequenze diverse, da 30 GHz a 857 GHz, e costituisce un’assoluta novità. Darà lavoro per anni a tutti i telescopi da Terra e dallo spazio, che potranno fare osservazioni di follow-up», dice Reno Mandolesi, associato Inaf e responsabile di Lfi, lo strumento a bassa frequenza a bordo di Planck, finanziato da ASI e realizzato in gran parte in Italia.
«Per avere accesso ai dati contenuti nel catalogo», spiega Andrea Zacchei, dell’INAF-Osservatorio astronomico di Trieste, responsabile del Data Processing Centre italiano di Planck (che ha sede, appunto, a Trieste, ed è costituito da ricercatori dell'Osservatorio e della SISSA-Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati), «non è necessaria alcuna expertise tecnica. Sono resi pubblici attraverso un sito web dell’Esa, accessibile a tutti. Si potranno fare ricerche per parole chiave, per zone di cielo e per nome degli oggetti. Di ogni oggetto, sarà anche possibile visualizzarne l’immagine, per studiarne forma e struttura. Insomma, un catalogo a tutti gli effetti, totalmente integrato con gli altri cataloghi astronomici già esistenti».
L’Universo, un dramma in tre atti
È un palcoscenico, quello dell’Universo, sul quale va in scena un dramma in tre atti. Quello che riescono a cogliere i telescopi ottici, l’arazzo di galassie che ci circonda, è poco più che l’atto finale. Con le sue misure a lunghezze d’onda che vanno dal radio all’infrarosso, Planck è invece in grado di risalire indietro nel tempo, e mostrarci i due atti precedenti. I risultati presentati oggi riguardano l’atto di mezzo, quando le galassie si stavano ancora formando.
Qui Planck ha rilevato l’esistenza di una popolazione di galassie, altrimenti invisibili, a miliardi di anni indietro nel tempo: avvolte nella polvere, in esse si formavano stelle a un ritmo vorticoso, da 10 a 1000 volte più rapido di quello che possiamo osservare oggi nella nostra galassia. Si tratta di misure mai effettuate prima a queste lunghezze d’onda.
Alla fine, Planck sarà in grado di offrirci la migliore visuale che sia mai stata disponibile anche sul primo dei tre atti: la formazione delle prime strutture a grande scala nell’Universo, dalle quali le galassie si sarebbero poi formate. Strutture la cui traccia è impressa nella radiazione di fondo a microonde, risalente ad appena 380mila anni dopo il Big Bang, l’epoca in cui l’Universo cominciava a raffreddarsi. Per vedere nei dettagli il fondo cosmico, però, occorre anzitutto rimuovere le contaminazioni introdotte dalla moltitudine di sorgenti di foregrounds a esso sovrapposte. Fra queste, gli oggetti elencati nell’Early Release Compact Source Catalogue presentato oggi, così come altre sorgenti d’emissione diffusa.
Sorgenti come, per esempio, la cosiddetta “emissione anomala a microonde”: un bagliore diffuso, associato a regioni dense e polverose della Via Lattea, la cui origine ha rappresentato per anni un vero e proprio enigma. Enigma che i dati di Planck, grazie all’ampiezza senza precedenti della gamma di lunghezze d’onda alle quali sono sensibili i suoi rivelatori, potrebbero aver definitivamente risolto: a generare l’emissione anomala sono le collisioni di grani di polvere in rapidissima rotazione su se stessi, fino a decine di miliardi di volte al secondo, con atomi o pacchetti di luce ultravioletta.
Sfruttando un effetto particolare detto Sunyaev-Zel'dovich, Planck è poi riuscito a individuare 189 ammassi di galassie, 20 dei quali ancora sconosciuti. Un’assoluta novità da numerosi punti di vista. È la prima volta, infatti, che nuovi ammassi di galassie vengono scoperti grazie all’effetto Sunyaev-Zel'dovich, e già stanno arrivando conferme della loro esistenza grazie a osservazioni congiunte con un altro satellite Esa, l’osservatorio a raggi X Xmm-Newton. Oltre a consegnarci immagini spettacolari, lo studio di questi enormi e antichissimi cluster ci aiuta ad approfondire le nostre conoscenze sul tipo di universo in cui viviamo, a che velocità si sta espandendo e quanta materia contiene.
«E questa non è che la punta dell’iceberg», osserva David Southwood, direttore della sezione Esa di Scienza ed Esplorazione Robotica. «Grazie all’impegno di tutte le persone coinvolte nel progetto, Planck sta superando ogni aspettativa».
«L’Italia in questi anni ha raggiunto – rileva il presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana, Enrico Saggese – una posizione di eccellenza nel campo dell’osservazione ed esplorazione dell’Universo vicino e lontano. L’importante contributo italiano dato al successo della missione Planck ne è una conferma».
«È un grande momento, per Planck», aggiunge Jan Tauber, project scientist di Planck all’Esa, «Fino a oggi ci siamo concentrati sulla raccolta dei dati e sul mettere in luce il loro potenziale. Ora, finalmente, è arrivato il tempo delle scoperte».
Planck, nel frattempo, continua a osservare l’Universo. Il prossimo rilascio di dati è in programma per il gennaio 2013. Saranno dati in grado di mostrare, a un livello di dettagli senza precedenti, la radiazione del fondo a microonde. L’atto iniziale del dramma cosmico, dunque: l’immagine dell’origine di tutto.
Fonte: ASI-INAF