Dopo un anno e mezzo in orbita, il satellite tutto italiano AGILE, dedicato all’astrofisica in raggi gamma, tira le somme, e mette a disposizione di tutti i ricercatori i risultati delle sue osservazioni.
Dall’aprile 2007, nella piccola scatola di silicio che è il cuore tecnologico di AGILE, sono rimasti “intrappolati” lampi di luce spaventosamente potenti. Sono i raggi gamma che squarciano il cielo della nostra galassia e di quelle lontane. A emetterli sono sorgenti celesti come i Gamma-ray burst, che in pochi istanti sprigionano un’energia più forte di quella emanata dal Sole in tutta la sua vita; le pulsar, cioè stelle densissime che roteano su se stesse migliaia di volte al minuto; galassie lontane milioni di anni luce, chiamate blazar, dalle quali ci arrivano echi di un Universo violento, molto più giovane di quello attuale; nuovi oggetti associati a corpi celesti misteriosi e ancora non identificati. È questo il bilancio delle osservazioni di AGILE, appena pubblicato online sul sito web dell’ASI Data Center (ASDC) di Frascati, il centro di elaborazione dati scientifici dell’Agenzia spaziale italiana.
“Si tratta del primo catalogo delle sorgenti di raggi gamma più intense rilevate da AGILE, che fa il paio con il primo catalogo delle sorgenti di raggi X-duri individuate sempre da AGILE grazie all’accoppiata unica che permette di rivelare simultaneamente tutti e due i tipi di sorgenti in un unico strumento”, affermano Marco Tavani e Paolo Giommi, rispettivamente Responsabile Scientifico di AGILE e Direttore dell’ASDC.
Il catalogo, gratuito e accessibile a tutti, consiste in una griglia dettagliata di numeri, sigle e coordinate galattiche, che rimandano a grafici interattivi dove viene illustrata l’esatta localizzazione spazio-temporale della sorgente di luce gamma. Un profano, probabilmente, faticherebbe a riconoscere in questo minuzioso schedario di sorgenti astronomiche il riflesso dei fenomeni più energetici dell’Universo. Ma per gli addetti ai lavori si tratta di uno strumento prezioso, una sorta di mappa del tesoro per cacciatori di esplosioni cosmiche.
“AGILE ci ha fornito la prima radiografia del cielo nella radiazione gamma dopo le missioni COS-B dell’ESA e il Compton Gamma Ray Observatory della NASA”, continua Giommi. “A questa piccola missione dell’ASI va il merito di aver riaperto una finestra nel cielo nella banda elettromagnetica più energetica rimasta chiusa dalla fine degli anni Novanta. AGILE ha una strumentazione molto compatta e la più leggera mai utilizzata per questi studi e ha fatto così da apripista alla missione Fermi/GLAST, lanciata dalla NASA lo scorso giugno e realizzata con un importante contributo italiano”.
Sì, perché AGILE è stato il primo satellite a sfruttare la tecnologia che ora, in scala più grande, viene impiegata sull’ultimo satellite della NASA dedicato all’astrofisica delle alte energie. “Per l’Italia questo satellite, costruito dalla Gavazzi Space con la partecipazione scientifica e tecnica di INAF e INFN, rappresenta un gioiello di ingegneria spaziale. AGILE è un satellite di circa 300 chili con uno strumento scientifico che ne pesa solo cento che è quindi molto più leggero rispetto alla generazione precedente, di diverse tonnellate di peso. Molto più economico, costato appena 60 milioni di euro a fronte di cifre dieci volte superiori. Molto più sensibile grazie a una tecnologia all’avanguardia che sfrutta il silicio per il rilevatore dei raggi gamma e dei raggi X”, spiega Marco Tavani, responsabile scientifico della missione per conto dell’INAF. “Quando un fotone gamma che viaggia nello spazio cosmo interagisce con il rivelatore di AGILE, i fotoni hanno una certa probabilità, per la legge di equivalenza di Einstein tra massa ed energia, di convertire la loro energia in due particelle di carica opposta, un elettrone e un positrone. Queste zig-zagano attraverso gli strati del rivelatore. Dalle traiettorie seguite, è possibile risalire alla direzione del raggio incidente e dedurre la posizione della sorgente che lo ha emesso”.
La ricostruzione di una sorgente di raggi gamma è un processo complesso. Il flusso medio dei fotoni gamma che interagiscono con AGILE è pari a uno per centimetro quadro ogni 1000 secondi. Significa che, mediamente, in due settimane AGILE raccoglie 100.000 fotoni dal cielo accessibile, circa un quarto dell’intera volta celeste. I flussi dalle singole sorgenti sono molto piccoli, circa 1 fotone ogni 10.000 secondi (se la sorgente è molto brillante il numero può salire fino a 100). Non è certo un fiume un piena. Inoltre, la posizione della sorgente viene inferita con un’accuratezza di un decimo di grado, che costituisce un enorme avanzamento rispetto alla generazione precedente di strumenti gamma.
In circa un anno e mezzo di vita AGILE ha già portato a casa ottimi risultati. Ha messo a fuoco il panorama astrofisico con una precisione di gran lunga superiore a Compton, riuscendo a scorgere in maniera più nitida ciò che in passato appariva sfocato o addirittura indistinguibile. “Percepisce raggi gamma a intervalli di qualche microsecondo. In questo modo, distingue i bagliori delle pulsar che emanano raggi gamma a frequenze talvolta elevatissime, fino a 1.000 volte al secondo, ottenendo per la prima volta un’altissima risoluzione temporale dell’emissione gamma della nostra galassia e una mappa del cielo gamma extragalattico”, chiarisce Giommi.
“In molti campi dell’astrofisica delle alte energie AGILE ha contribuito a un sostanziale avanzamento delle nostre conoscenze”, aggiunge Tavani. Tra le principali sorprese, la scoperta delle cosiddette “transienti gamma”, una nuova classe di astri mai osservati prima che lanciano lampi gamma per una giornata e poi scompaiono, senza emissione X-dura. “Altri risultati notevoli sono stati lo studio dettagliato di pulsar gamma note, come Vela, Crab e Geminga, la scoperta di nuove pulsar binarie, tra cui la prima PSR a millisecondi nell’ammasso globulare M28, la prova dell’accelerazione dei raggi cosmici adronici, il monitoraggio dei blazar più intensi nella banda gamma, la rivelazione alle alte energie dei Terrestrial Gamma-Ray Flashes (TGF)”.
L’ASI Science Data Center
I dati di tutte sorgenti gamma studiate nel corso del 2008 sono ora a disposizione della comunità scientifica internazionale tramite il catalogo dell’ASI Data Center. “I dati del satellite sono scaricati al “Broglio Space Center” dell’ASI di Malindi, in Kenia, e poi elaborati e archiviati a Frascati presso l’ASDC”, spiega Giommi. Il centro, fondato nel 1996 a supporto della missione BeppoSax, è diventato una sorta di “biblioteca” storica dei satelliti finanziati dell’ASI, tra i quali anche SWIFT e SHARAD.
È una miniera per gli scienziati, che possono usufruire liberamente di tutti i dati a un anno dalla loro acquisizione, o garantirsi l’accesso prioritario rispondendo ai periodici AO (Announcement of Opportunity). “Inoltre, l’ASDC sviluppa software che rendono i dati immediatamente fruibili all’utente via internet, semplificando le procedure di ricostruzione dell’informazione. Il nostro mestiere – conclude Giommi – è consegnare un prodotto di alta qualità, chiavi in mano”.