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La Casa Bianca informata sulla potenziale vita su Marte.

Il logo di AstronautiNEWS. credit: Riccardo Rossi/ISAA

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La Casa Bianca è stata informata dalla NASA sui metodi per fare un annuncio sulle principali scoperte effettuate da Phoenix che confermano la “possibilità di vita” su Marte.
Le fonti affermano che i nuovi dati provenienti dal circolo polare Marziano non indicano la scoperta diretta di vita presente o passata sul Pianeta Rosso, ma la presenza dei parametri in relazione all’“abitabilità” di Marte, cioè il potenziale del pianeta di supportare la vita.
I dati sarebbero molto più complessi dei risultati presentati nella conferenza stampa che la NASA ha tenuto il 31 luglio, quando è stata confermata la presenza dell’acqua.
Tutti i mass-media mondiali hanno dato grande rilievo alla prova della presenza dell’acqua che però non è stata una sorpresa per i ricercatori. “È già la terza o la quarta volta che scopriamo l’acqua su Marte”, ha detto un componente del team scherzando sul baccano mediatico nato intorno all’annuncio. In realtà, ha aggiunto, gli altri dati non ancora discussi apertamente sono ben più “provocatori”.
Di fatto il team scientifico del MECA e del laboratorio “umido” (Wet-Chemistry Instrument) al Jet Propulsion Laboratory è stato tenuto fuori dalla conferenza del 31 luglio. L’obiettivo era quello di evitare che venissero poste domande che avrebbero rivelato informazioni prima che la NASA fosse pronta a diffonderle.
L’ufficio del Consiglio Scientifico Presidenziale dell’amministrazione Bush, è comunque stato informato sulle nuove notizie che la NASA spera di rivelare entro metà agosto, anche se è probabile che questi annunci non giungano prima di settembre, per permettere ulteriori analisi. Tutto questo dipende dai risultati che giungeranno dalle analisi ancora in corso nei forni TEGA e nei laboratori chimici MECA.
Gli scienziati di Phoenix hanno sempre affermato, fin dall’inizio della missione, che gli strumenti di bordo non possono rilevare direttamente la vita presente o passata.
I due microscopi del MECA avrebbero però la risoluzione necessaria per rilevare dei batteri che significherebbero vita. Pare comunque che non siano stati “visti” batteri.
La pala del braccio è anche riuscita a inserire la miscela ghiaccio/suolo nel forno TEGA dopo che i primi due tentativi erano falliti perché i campioni avevano aderito alla pala di scavo e non erano scesi nello strumento. L’analisi di quel saggio è ancora in corso, ma i primi risultati evidenziano l’1% di ghiaccio e il 99% di suolo.
Come atteso, lo strumento ha rilevato immediatamente l’idrogeno e l’ossigeno che indicavano l’acqua. Il carico elettrico è anche aumentato inizialmente, chiara evidenza che il ghiaccio stava fondendo.
William Boynton, ricercatore della University of Arizona ha detto: “Il fatto che TEGA inizi ad analizzare dei campioni di ghiaccio fa partire i tappi allo spumante. Abbiamo ‘assaggiato’ l’acqua ed ha un ottimo gusto”.
Prima del lancio, alcune fonti online indicavano la possibilità che il TEGA potesse trovare evidenze organiche di vita passata.
Sia Boynton che Peter Smith, che attualmente comandano la missione, dicono che non è propriamente vero, anche se i dati organici provenienti dal TEGA potrebbero stimolare grandi discussioni sulla presenza di vita.
Deve ancora essere trovata la sostanza organica, ma ci sono ancora diversi forni disponibili nel TEGA per queste scoperte.
La stampa cita la presenza di ghiaccio d’acqua come una grande scoperta, ma era totalmente prevista dal team scientifico. Invece i dati combinati fra il MECA e il TEGA rendono sempre più convincente la soluzione dell’enigma della vita.
La chiave di volta sta nel legame fra acqua e suolo e soprattutto nel modo in cui si correlano fra loro. Non nella presenza dell’acqua che a questo stadio della missione è data per scontata.
L’unica analisi eseguita dal MECA che è stata divulgata, la prima di quattro possibili, ha dimostrato che il suolo è molto simile a quello terrestre e che quindi potrebbe supportare la vita.
La cosa più intrigante è che il MECA ha scoperto il fatto più eclatante della missione, appunto la natura del terreno, e la NASA con la University of Arizona hanno adeguatamente evitato che informazioni potessero provenire dalle possibili scoperte scaturite dal secondo test del MECA stesso, quando venne caricato con ghiaccio e suolo e venne mescolato con acqua terrestre.

Fonte: Aviation Week & Space Technology.

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