La gente si chiede spesso quali sono i benefici concreti che derivano dallo studio dei pianeti o delle stelle. L’ESA sta sviluppando in questi anni un radar capace di approfondire in grande dettaglio la conoscenza dei ghiacciai dell’Antartide proprio a partire dalla positiva esperienza della missione Mars Express, in orbita intorno a Marte.
Che cosa bolle in pentola?
Diversi mesi fa Mars Express ha fornito dei dati che indicano piuttosto chiaramente la presenza di un bacino di ghiaccio o di un lago fra i 3 e i 4 km sotto la superficie di Marte. Lo strumento usato dalla sonda dell’ESA è stato il radar MARSIS, sviluppato sotto la responsabilità scientifica italiana.
L’utilizzo di un radar satellitare per guardare sotto la superficie di un pianeta non è nuovo. Alla fine degli anni ‘90, l’ESA realizzò uno studio di fattibilità per lo sviluppo di un radar che studiasse gli strati dei ghiacci dell’Antartide. Lo studio fu poi fermato perché i problemi tecnici apparivano, allora, insormontabili.
MARSIS, però, ha indicato il modo per ridurre drasticamente questi problemi principali e ha riaperto il discorso: è stato ripreso uno studio (ACRAS, Advanced Concept for Radar Sounder) che ha lo scopo di trovare soluzioni tecniche per migliorare le applicazioni dei radar satellitari sia allo studio della Terra sia allo studio di pianeti.
I risultati sono molto promettenti e indicano, per i prossimi anni, possibilità concrete di sviluppare uno strumento in grado di scandagliare i ghiacciai dell’Antartide fino a diversi km di profondità, rivelandone le caratteristiche principali strato per strato.
La stessa tecnica, che – in sostanza – ha il grande merito di ripulire le osservazioni satellitari dai dati spuri, che in molti casi sfortunati celavano le misure rilevanti – potrà essere impiegata per la ricerca di acqua sotto la crosta marziana, ma anche per lo studio del possibile oceano liquido globale che, secondo alcuni, si trova sotto la crosta di ghiaccio di Europa, una delle lune di Giove, e per lo studio del possibile oceano globale di Titano, sul quale l’intera superficie di Titano sembra muoversi, come se fosse su un tapis-roulant.
Strumenti di questo genere possono essere utilizzati anche per la ricerca di nuove falde acquifere sul nostro pianeta?
Il radar a bordo di Mars Express, MARSIS, è – almeno nominalmente – in grado di scandagliare per diversi kilometri sotto la superficie del pianeta rosso, a una profondità che, sulla Terra, è quella dei giacimenti di acqua e di petrolio. Tuttavia al momento non ci sono progetti che abbiano queste finalità.
Certamente i passi in avanti fatti in questi anni grazie a MARSIS, al suo gemello evoluto a bordo della sonda NASA ….. e agli studi dell’ESA, abbiamo dimostrato che siamo in grado di superare problemi fondamentali. Come diceva Giovanni Virginio Schiaparelli alla fine del ‘800, “speriamo, adunque, e studiamo.” La via da percorrere è quella degli studi e degli investimenti.
Diverso invece è il discorso se parliamo di contributo complementare dei satelliti ai rilevamenti al suolo. In questo caso possono essere molto interessanti anche i dati di satelliti come GOCE, il satellite dell’ESA che studierà il campo gravitazionale terrestre. Giacimenti nascosti possono modificare leggermente il campo gravitazionale ed essere rilevati. Però, ancora, si tratta soprattutto di teoria.
Il mese che sta trascorrendo ha visto una fortissima spinta dell’ESA riguardo il nuovo programma per lo sviluppo di satelliti per le osservazioni della Terra. Due nuovi contratti sono stati siglati per il progetto, lo sviluppo e l’integrazione di due satelliti della famiglia delle Sentinelle. Di che si tratta?
L’ESA conduce in collaborazione con la Commissione Europea il programma GMES (Global Monitoring for Enviroment and Security), che fornirà all’Europa una sostanziale indipendenza nel rilevamento e nella gestione dei dati sullo stato di salute del pianeta. GMES, inoltre, è il contributo europeo al GEOSS, un’iniziativa a livello mondiale per lo sviluppo di un Sistema dei sistemi per l’osservazione globale della Terra.
In particolare, nel contesto di GMES, l’ESA ha anche la responsabilità dello sviluppo del segmento spaziale del programma, che prevede – fra l’altro – lo sviluppo di una famiglia di satelliti, le Sentinelle. In febbraio la Commissione Europea ha stanziato circa 624 milioni di euro per lo sviluppo del segmento spaziale del GMES, che si aggiungono agli oltre 700 milioni già stanziati dai paesi membri dell’ESA.
A ciò è seguita la firma di due contratti per la realizzazione di due satelliti, il Sentinel 2, affidato alla tedesca Astrium con un budget di 195 milioni di euro, e il Sentinel 3, affidato alla franco-italiana Thales Alenia Space, con un finanziamento di 305 milioni di euro. Questi due contratti si aggiungono a quello già firmato, sempre con Thales Alenia Spazio, per realizzare la Sentinel 1, avente un valore di circa 229 milioni di euro.
Si tratta certamente di risorse ingenti. Quali sono gli scopi dei satelliti in fase di realizzazione?
La famiglia delle Sentinelle dell’ESA è una famiglia di satelliti operativi. È come se l’enorme carico di strumenti a bordo di Envisat, il più grande dei satelliti ambientali mai costruiti, fosse ripartito tra cinque satelliti – tante saranno le Sentinelle – ciascuno dei quali relativamente specializzato. In particolare, lo strumento primario di Sentinel 1, che sarà lanciato nel 2011, è un radar ad apertura sintetica di tecnologia avanzatissima, che proseguirà il magnifico lavoro fatto dall’analogo radar a bordo di ERS-2 e di Envisat.
Sentinel 1 troverà il suo principale campo d’azione nello studio del riflesso delle onde radio provocato dalle superfici oceaniche. Tipiche applicazioni sono la mappatura delle perdite di petrolio, il rilevamento di navi e la mappatura dei ghiacci marini.
L’anno successivo, nel 2012, toccherà invece al secondo satellite, il Sentinel 2, che sarà dedicato allo studio delle terre emerse. Sarà dotato di uno strumento che “fotograferà” la Terra con ben 13 “filtri” diversi nella luce visibile. Sarà anche in grado di osservare la Terra nel vicino infrarosso. Il punto di forza è la sistematicità delle osservazioni e la loro copertura globale, di – 56° a i +83° di latitudine.
Sempre nel 2012 – e questo spiega anche il motivo di contratti così ravvicinati – verrà lanciato anche un terzo satellite, che si occuperà dello stato dell’oceano, fornendo un contributo fondamentale alle previsioni delle condizioni del mare – un dato fondamentale per la navigazione sicura – ma anche del clima terrestre.
Come si vede da questi esempi, è un po’ come se l’ESA avesse deciso di “suddividere” Envisat e farne cinque diversi satelliti, piuttosto che basarsi su una sola piattaforma satellitare a cui chiedere un superlavoro.
Fonte: ESA