Arrivato lo strumento principale del Nancy Grace Telescope

Il Wide Field Instrument in arrivo presso la cleanroom del Goddard Space Flight Center. Credits: NASA/Chris Gunn

Le ultime due settimane sono state particolarmente ricche di attività per i team al lavoro sul Nancy Grace Roman Space Telescope, noto più semplicemente come Nancy Grace o Roman e in passato chiamato WFIRST (Wide-Field Infrared Survey Telescope): a inizio mese si sono infatti svolti i test sulla struttura che protegge le ottiche del telescopio, mentre nei giorni successivi è arrivato il Wide Field Instrument, lo strumento più importante del telescopio, presso gli stabilimenti del Goddard Space Flight Center di Greenbelt, nel Maryland (Stati Uniti d’America).

Nancy Grace è un telescopio il cui scopo sarà osservare l’universo per fornire dati e misurazioni sull’energia oscura e sulla materia oscura, caratterizzare e scoprire nuovi esopianeti ed effettuare osservazioni nel dominio dell’infrarosso. È dotato di uno specchio primario di 2,4 m, come l’Hubble Space Telescope (HST), e di due strumenti: il Wide Field Instrument (WFI) e un coronografo come dimostratore tecnologico.

Wide Field Instrument (WFI)

Il Wide Field Instrument (WFI), come suggerisce il nome, è una camera con un ampio campo di vista, 100 volte maggiore di quello a disposizione di Hubble nell’infrarosso, dotata però allo stesso tempo di una risoluzione comparabile: ogni immagine prodotta con WFI sarà di oltre 300 milioni di pixel, grazie alla presenza di 18 detector da 16 milioni di pixel ciascuno. I rilevatori raccoglieranno la luce in ingresso nel telescopio e saranno mantenuti a −184 °C in modo tale da limitare al massimo l’emissione termica dei detector stessi, aumentando così la sensibilità alla radiazione infrarossa.

Immagine composita che mostra in arancione il campo di vista di Nancy Grace, paragonato all’Hubble Ultra Deep Field, in blu, e alla più grande regione del cielo osservabile con HST, in bianco. Credits: NASA, ESA, and A. Koekemoer (STScI), Acknowledgement: Digitized Sky Survey

WFI è lo strumento principale del telescopio e oltre all’astronomia nell’infrarosso permetterà anche di osservare oggetti nel Sistema Solare, effettuare misure di microlensing gravitazionale all’interno della Via Lattea per ricercare esopianeti, o esplorare oggetti ai confini dell’universo osservabile. Nelle prossime settimane verrà testato per verificare che funzioni correttamente: sarà poi integrato nell’apposita struttura e poi installato sul telescopio vero e proprio, non prima dell’autunno.

Su WFI hanno lavorato circa 1.000 persone, chi nella fase dello sviluppo chi nella costruzione, provenienti da diverse aziende statunitensi, ma nemmeno se ogni persona sulla Terra si dedicasse allo studio dei dati prodotti da Nancy Grace ce ne sarebbero abbastanza per analizzarli tutti, tale è la mole di informazioni inviate dal telescopio. Saranno quindi necessari algoritmi di machine learning e sistemi di intelligenza artificiale per individuare quali delle osservazioni effettuate possono contenere le cose più interessanti.

Per commemorare comunque il lavoro di tutte queste persone, su un pannello del WFI sono stati incisi i nomi delle persone che hanno ideato e costruito lo strumento.

Deployable Cover Aperture

Qualche giorno prima dell’arrivo del Wide Field Instrument era arrivato sempre al Goddard la copertura che protegge le ottiche del telescopio dall’ingresso di luce non desiderata e potenzialmente in grado di arrecare danni. La copertura è dispiegabile, grazie a un materiale soffice attaccato a tre bracci estensibili, ed è costituita da due strati di materiale isolante.

Il nome formale della copertura è Deployable Aperture Cover (DAC) e allo stabilimento NASA ne è stata testata la performance nelle condizioni ambientali che sperimenterà in orbita: si tratta solamente di una parte dei test, con gli altri previsti nelle prossime settimane. I primi effettuati sono stati quelli nella camera a termovuoto: la copertura è stata posizionata vicino a sei riscaldatori e altrettanti simulatori termici, a rappresentare l’Outer Barrel Assembly e il Solar Array Sun Shield. L’obiettivo era studiare come il calore si propagasse nella struttura del telescopio.

Una volta nello spazio, le temperature raggiunte dalla copertura dovrebbero essere a −55 °C, ma durante i test le temperature sono state portate a −70 °C per verificare le performance in condizioni ancora più estreme: la DAC si è dispiegata in circa un minuto, dimostrando la capacità di operare in condizioni peggiori di quelle nominali. Secondo Brian Simpson, project design lead della DAC, si è trattato «probabilmente del test in cui noi [il team] eravamo più preoccupati. Se la DAC non si fosse completamente dispiegata o l’apertura si fosse interrotta, sarebbe significato che il materiale di cui è fatta si era congelato o che gli strati si erano attaccati».

Al termine di questi test, la copertura, rimasta chiusa, è stata sottoposta ai test acustici, necessari per verificare la resistenza ai forti rumori e alle vibrazioni alle alte frequenze prodotti dal razzo in fase di partenza. L’intensità raggiunta all’interno della camera di test ha raggiunto i 138 dB per oltre un minuto.

Seppure entrambi i test siano stati dichiarati un successo, nelle prossime settimane la copertura sarà sottoposta ad altre verifiche, con l’obiettivo finale di integrarla al satellite per l’autunno.

Il telescopio verrà lanciato non prima di maggio 2027 a bordo di un Falcon Heavy di SpaceX.

Fonti: NASA – Primary Instrument for Roman Space Telescope Arrives at NASA Goddard, NASA – NASA Tests Deployment of Roman Space Telescope’s ‘Visor’

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Matteo Deguidi

Studio Astrophysics and Cosmology a Padova e qui provo a raccontare quello che succede nel mondo dell'astronautica mondiale, concentrandomi su missioni scientifiche in corso o in fase di sviluppo, con qualche spruzzata di astronomia.