Blue Origin avvia lo sviluppo di un veicolo spaziale per astronauti

New Glenn in rampa. Credits: Blue Origin

Blue Origin si appresta a vivere un anno importante. Dave Limp, il nuovo amministratore delegato arrivato lo scorso dicembre, sta lavorando per instillare nell’azienda di proprietà di Jeff Bezos una nuova cultura aziendale, più rivolta alla produttività. A gennaio il potente motore a razzo BE-4 dell’azienda ha funzionato molto bene durante il lancio di debutto del vettore Vulcan della missione Peregrine, e entro la fine dell’anno, ma forse già ad agosto, il razzo heavy di Blue Origin, il New Glenn, potrebbe effettuare il volo di debutto.

Sotto l’egida di Blue Origin non si trova solo il New Glenn ma anche l’hardware che volerà sul nuovo vettore, come ad esempio il veicolo di trasferimento Blue Ring che verrà utilizzato per trasportare in orbita i satelliti, ma anche Orbital Reef, la stazione spaziale attualmente ancora in fase di progetto.

Una delle domande chiave che vede come oggetto la stazione spaziale Orbital Reef è come sarà resa raggiungibile dagli astronauti. L’unico mezzo attualmente disponibile al trasporto di equipaggi statunitensi nella bassa orbita terrestre è il veicolo Crew Dragon del diretto concorrente di Blue Origin, SpaceX, ma non riteniamo che questa possa essere considerata un opzione gradita a Bezos.
Boeing è un partner di Blue Origin nel progetto Orbital Reef. Boeing ha un veicolo spaziale con equipaggio, la Starliner, che dovrebbe fare il suo volo abitato di debutto ad aprile, ma ci sono seri interrogativi sull’impegno a lungo termine dell’azienda nei confronti del proprio veicolo oltre le sette missioni già contrattualizzate con la NASA. Alle preoccupazioni relative ai costi di volo, che saranno circa il 50% superiori a quelli della Dragon, si aggiungono ulteriori perplessità sul fatto che astronauti privati saranno autorizzati a volare su Starliner. Queste perplessità stanno spingendo Blue Origin a progettare un proprio veicolo spaziale con equipaggio. Non rimane che un’ultima domanda; quando? Forse la risposta è: adesso.

Un po’ di storia

Una dozzina di anni fa Blue Origin aveva avviato studi preliminari di un veicolo spaziale di “prossima generazione” che avrebbe dovuto essere in grado di fornire capacità di trasporto nell’orbita terrestre bassa a un massimo di sette astronauti. L’azienda era riuscita a ottenere circa 25 milioni di dollari dal Commercial Crew Program della NASA prima di abbandonare il progetto: SpaceX e Boeing erano risultati i vincitori finali.

Per un certo periodo, il progetto di un veicolo adibito al trasporto di equipaggi era stato accantonato, ma ora sembra essere tornato di attualità, diventando un’iniziativa importante all’interno di Blue Origin, con la società che ha avviato nuove assunzioni di personale per sviluppare il veicolo. L’azienda sta cercando, con inserzioni pubblicate anche sulla piattaforma web di LinkedIn, un leader per il suo «Space Vehicle Abort Thrusters Integrated Product Team». Tra le qualifiche preferite c’è quella relativa a personale di «esperienza con il volo spaziale umano o con sistemi aerei ad alte prestazioni».

Tutti i veicoli human rated sono dotati di abort thruster, un componente principale della loro progettazione. Integrato nel veicolo, questo sistema è progettato per separare dal razzo la sezione abitata del veicolo spaziale in caso di problemi. Questi potenti propulsori allontanano il veicolo dell’equipaggio dal razzo, che spesso è in procinto di esplodere, in modo che gli astronauti possano paracadutarsi in sicurezza sulla Terra. Tutti i veicoli adibiti al trasposto di equipaggi attualmente operativi, Dragon di SpaceX, Sojuz russa e Shenzhou cinese, dispongono di tali sistemi di fuga, mentre non esiste alcuna ragione pratica per installare tali propulsori su un veicolo spaziale non umano.

Un ulteriore segnale pubblico di questo rinnovato interesse per un veicolo adibito al traporto umano è arrivato lo scorso giugno, quando la NASA ha annunciato che Blue Origin era una delle sette società ad aver firmato lo Space Act: un accordo non finanziato per progettare programmi spaziali commerciali avanzati. Successivamente, in un documento che ha descritto questo processo di selezione, la NASA ha rivelato che Blue Origin stava lavorando su un «sistema di trasporto spaziale commerciale». Ciò includeva un veicolo spaziale riutilizzabile che sarebbe stato lanciato sul razzo New Glenn.

Dopo anni di assoluta riservatezza, Blue Origin sta iniziando a rivelare qualcosa sulle sue intenzioni e sui suoi progetti. Queste novità sono probabilmente dovute al tanto atteso debutto del razzo New Glenn, che permetterà all’azienda di entrare a far parte delle società autorizzate a lanciare veicoli con equipaggio umano diventando un concorrente significativo di SpaceX. È molto probabile che nel breve periodo l’azienda fornirà ulteriori dettagli sulle proprie ambizioni legate al volo spaziale con equipaggio.

Fonte: Ars Technica

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Marco Carrara

Da sempre appassionato di spazio, da piccolo sognavo ad occhi aperti guardando alla televisione le gesta degli astronauti impegnati nelle missioni Apollo, crescendo mi sono dovuto accontentare di una più normale professione come sistemista informatico in una banca radicata nel nord Italia. Scrivo su AstronautiNews dal 2010; è il mio modo per continuare a coltivare la mia passione per lo spazio.