Bigelow e ULA annunciano l’accordo per i primi due moduli BA 330
Bigelow e ULA hanno annunciato il raggiungimento dell’accordo per il lancio di almeno due moduli BA-330 di Bigelow, la versione da 330 metri cubi dei moduli gonfiabili dell’azienda del Nevada.
Il lancio avverrà nel 2020, e Tory Bruno, CEO di ULA ha annunciato che gli slot di lancio comprensivi di vettore sono stati formalmente riservati per queste missioni.
Il lanciatore che vedrà impegnata ULA sarà l’Atlas 5 in configurazione 552, ovvero con 5 booster laterali, il massimo, l’upper stage Centaur nella versione con due propulsori e un fairing lungo 26,5m complessivi, 5,5m di diametro e 15,2m di altezza utilizzabili dal payload.
Questa particolare configurazione non ha mai volato e vedrà l’Atlas V utilizzarla per la prima volta proprio nella prima di queste missioni, si tratta infatti della configurazione del vettore a massimo payload e con dimensioni massime, raggiungendo in totale i 66m di altezza.
Proprio le enormi dimensioni del payload sono state alla base della scelta, infatti “Eravamo limitati da due vincoli, 19700kg, che era il peso del nostro modulo e l’altezza necessaria al fairing per poterlo ospitare. Attualmente e sicuramente per altri anni c’è un solo lanciatore in grado di poter effettuare questo tipo di lancio, l’Atlas V in questa configurazione” ha dichiarato Robert Bigelow.
“Quando abbiamo cercato un lanciatore per immettere in orbita il nostro speciale payload abbiamo trovato in ULA un’eredità di solidi successi, certezza nelle date di lancio e ottimo rapporto costi/benefici”, aggiungendo “Abbiamo valutato SpaceX ma non erano semplicemente in grado di ospitare un payload di queste dimensioni nei fairing dei loro vettori, non era quindi un’ipotesi percorribile”.
Il nuovo upper stage Centaur con doppio propulsore debutterà il prossimo anno e permetterà di incrementare sensibilmente le prestazioni al lancio, soprattutto per inserimenti orbitali in LEO. È proprio questa configurazione di lancio che è stata scelta anche da Sierra Nevada per il Dream Chaser.
Per quanto riguarda i moduli di Bigelow, il primo ribattezzato XBASE (Expandable Bigelow Advanced Station Enhancement), è ancora incerta la destinazione, sono in corso discussioni con NASA e gli altri partner della ISS per valutare un eventuale aggancio di uno di essi alla ISS (da solo aumenterebbe il volume abitabile della ISS del 30%), nel caso invece non si raggiungesse tale accordo il modulo verrà lasciato in volo autonomo in orbita bassa e in questo caso i due moduli verrebbero uniti in un’unica stazione.
XBASE offrirà come termine di paragone, il 210% di volume abitabile in più del modulo americano Destiny (il più grande della NASA sulla ISS) ad un costo in termini di peso solamente del 33% maggiore e permetterà a 6 astronauti di viverci all’interno. Per fine 2019 il primo dei due moduli dovrebbe essere pronto, mentre il secondo lo seguirà nel 2020.
L’accordo commerciale fra Bigelow e ULA arriva solamente un giorno dopo l’arrivo sulla ISS del primo modulo gonfiabile trasportato con la capsula di SpaceX. BEAM sarà agganciato alla ISS nei prossimi giorni e il gonfiaggio avverrà entro fine maggio per dare così inizio ad una campagna di test che durerà almeno due anni. BEAM servirà per sperimentare il comportamento dei materiali utilizzati in ambiente spaziale, il bilanciamento termico, la resistenza, la protezione dalle radiazioni ecc. non è dotato di luci ne di sistemi di supporto vitale, verrà mantenuto chiuso e gli astronauti vi accederanno solo poche volte all’anno per recuperare i dati e gli esperimenti al suo interno.
Gli usi commerciali cui punta Bigelow sono i più vari, dalla ricerca, al turism,o alla produzione industriale in microgravità, alla sponsorizzazione dei moduli in maniera completa da parte di grandi gruppi, “Ci farebbe piacere vedere Disney avere una Disney Space Station, Walt era un appassionato di spazio. Mi piacerebbe vedere una compagnia come questa fare da apripista al supporto delle attività spaziali future”.
Un modulo di questo tipo in orbita, secondo le aspettative di Bigelow, offrirà opportunità ad oggi irrealistiche per molti enti nel mondo, “Lo opereremo per conto di nazioni che già hanno un corpo astronauti e per altre che aspirano ad averlo. Attualmente la frequenza di volo non è elevata per chiunque. Ad esclusione di Russia e USA al massimo si riesce ad inviare un astronauta ogni 3 anni in orbita. Alcuni Paesi non raggiungono nemmeno questa cadenza e altri non hanno nessuna possibilità di inviare un astronauta in orbita. Abbiamo scoperto esserci un sostanziale interesse e quindi crediamo ci sia il mercato.” Continuando: “può cambiare la reputazione di una Nazione avere a disposizione una struttura di questo tipo, potrebbe attrarre aziende con l’obiettivo di insediare nuovi stabilimenti nel proprio paese se come servizio offrisse anche la possibilità di sfruttare un tale ambiente in orbita.”
L’unico fattore che ha bloccato il progetto di Bigelow negli scorsi anni, facendo più volte arrestare completamente lo sviluppo, era la totale mancanza di mezzi per poter raggiungere tali moduli. Ma con l’arrivo nei prossimi anni, sicuramente della capsule Starliner CST-100 di Boeing e Dragon V2 di SpaceX e lasciando aperti gli spiragli anche al Dream Chaser di Sierra Nevada e alla capsula orbitale di Blue Origin, anche questo ostacolo sembra destinato a sparire definitivamente. L’obiettivo dichiarato è quello di avere quattro società separate e tutte certificate per rifornire e supportare le attività di Bigelow.
La NASA ha infine dichiarato più volte il proprio interesse verso questa tecnologia e questi moduli per eventuali utilizzi futuri in missioni fuori dall’orbita bassa. Saranno fondamentali i risultati ottenuti da questo primo modulo per validare definitivamente quella che sembra essere una delle tecnologie più rivoluzionarie dell’astronautica degli ultimi decenni.
Qui di seguito il video integrale della conferenza stampa dell’annuncio:
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